Alla memoria di Renata Fonte si riservino ulteriori dedicazioni e riconoscimenti. Va benissimo! Ma non si falsifichi la storia, speculando su una morte che ci colpì tutti, per i tornaconti di alcuni approfittatori

Il progetto di lottizzazione di una vasta zona di Portoselvaggio (la radura della Lea) fu efficacemente contrastato da un’azione di sensibilizzazione e di opposizione nella città e nel Consiglio Comunale. Al proposito, vale la pena di ricordare il forte ostruzionismo posto in essere dai consiglieri comunali socialisti, comunisti e dal consigliere missino, utile a ritardare l’eventuale voto favorevole alla lottizzazione da parte della maggioranza dc.

Successivamente, quel progetto di lottizzazione e lo scempio ambientale che ne sarebbe derivato vennero sventati, definitivamente, con l’approvazione della legge regionale istitutiva del Parco regionale naturale “attrezzato” – così recitava la legge regionale- di Portoselvaggio. Tutto ciò avvenne quasi quattro anni prima dell’assassinio della povera Renata Fonte. Le ricostruzioni successive delle dinamiche e delle ragioni che portarono all’uccisione di Renata risentirono di motivazioni e obiettivi che nulla hanno a che fare con la storia vera della salvaguardia di Portoselvaggio, perseguita da migliaia di cittadini e da decine di rappresentanti dei consigli comunale e regionale. Non va dimenticato che la proposta della legge istitutiva del Parco fu promossa e firmata in primis dal socialista Luigi Tarricone (allora Presidente del Consiglio Regionale) e dal comunista Antonio Ventura, consigliere regionale salentino. Aver collegato l’uccisione della povera Renata Fonte con la battaglia per impedire la cementificazione di Portoselvaggio ha significato un grave anacronismo (e quindi un falso storico) ed ha offerto obbiettivamente una specie di alibi all’incapacità – da parte di chi di dovere – di indicare le responsabilità di primo livello (superiore a quello di Spagnolo), pure adombrate – ma non sufficientemente indagate – nel corso della lunga vicenda giudiziaria scaturita dalla morte di Renata. È del tutto condivisibile l’argomentazione secondo la quale la morte della Fonte non può che essere collegata alla sua funzione pubblica, politica e amministrativa. Ed è proprio per questo che la Sua testimonianza e il Suo sacrificio non sono stati né isolati né dimenticati, come ingenerosamente sostengono taluni. Un monumento funebre, l’intitolazione di una Scuola e una targa apposta in uno dei luoghi più suggestivi del nostro territorio, sono la dimostrazione evidente che non ci si è dimenticati del sacrificio di una donna che ha perseguito con onestà e determinazione gli interessi democratici della comunità neritina. Alla memoria di Renata Fonte, educata alla democrazia, all’antifascismo, all’ambientalismo ante litteram dal grande Pantaleo Ingusci (suo zio), si riservino ulteriori dedicazioni e riconoscenze. Va benissimo! Ma non si falsifichi la storia, speculando su una morte che ci colpì tutti, per i tornaconti di alcuni approfittatori.