Puntualmente, ogni mattina del 7 gennaio, mio padre apriva la porta della camera, accendeva la luce e con questo ritornello annunciava la fine delle vacanze natalizie e la ripresa della vita ordinaria.
E si ripartiva da lì, tra nostalgia dei giorni passati e tanti bei propositi per i giorni a venire.Da quando il mio papà non c’è più, il primo giorno dopo le vacanze sono io a ripetere il vecchio detto, lo ripeto prima a me stessa e poi ai miei figli, che lo hanno già imparato a memoria.
Già… “li feste so’ passate”… abbiam messo via gli addobbi, spento le luci, consumato gli avanzi dei dolci, scartati tutti i regali – possiamo anche dire, quest’anno, che si è sciolta l’ultima neve, o quasi – e sembra non sia proprio rimasto nulla!
Possibile? Faccio silenzio intorno e dentro me e…mi giungono le note di un flauto, anzi di tanti flauti, che all’unisono suonano Jingle bells, poi voci di bimbi che cantano “Credo negli esseri umani, che hanno il coraggio di essere umani” .
E li rivedo: sono i piccoli di una scuola primaria della nostra città, che, guidati dalle loro maestre, non si limitano a preparare la recita di Natale, ma si impegnano a vivere il Natale, quello vero, quello del cuore: si mettono in cammino sulle “ strade” delle opere di misericordia e fanno tappa prima presso la mensa della Comunità, dove incontrano gli operatori e donano dei panettoni, comprati con i propri risparmi, poi portano un po’ di tenerezza e allegria nelle casa di accoglienza degli anziani della nostra città : “E’ stato bello!”-racconta qualcuno di loro -“abbiamo cantato due canzoni, ci hanno dato un dolcetto e abbiamo detto BUON NATALE” . ..attimi eterni, aggiungeremmo noi adulti, in cui non ci sono stati i bambini da un lato della stanza, in piedi, irrequieti e gli anziani dall’altra parte, seduti, immobili, ma “fragilità” che si sono trasformate in “splendore” proprio grazie a quell’incontro.
Ed eccoli ancora mentre recitano a turno la poesia “La parola allu bambinu”… “tutti sonu scirrati ca li ricali, quiddhi cchiù importanti, stonu intra allu core ti tutti quanti: so na’ parola bona, n’aiutu sinceru, na’ stretta ti manu ti n’amicu veru”.
Tra il recitare e il fare c’è di mezzo…tanto amore. E così, anche i genitori, che hanno imparato la lezione “d’amore” dai figli, invece che fare ai bambini il solito regalo per Natale, da aprire in classe, tra compagni, hanno scelto uno di quei doni che si chiamano “solidali”, devolvendo il corrispondente del regalo all’acquisto di alcuni indumenti per una bimba che non aveva di che coprirsi.
“Fa spesso più rumore un albero che cade, che una foresta intera che cresce…”
Già, il bene non fa notizia, ma a me, questo Natale, l’ha portata proprio una bella notizia: il Dio lontano mi si è fatto vicino, l’ho incontrato veramente: aveva il sorriso grande e gli occhi furbi di quei marmocchi della IV C e D della Scuola Primaria “Don L. Milani” di Nardò: tra loro, a guardare bene, c’è anche il mio Simone.
Domattina, allora, appena sveglia, non potrò recitare “rimane naddha fistizzola” ….e no! Rimane molto di più: qualche briciola di bellezza che potrà nutrire di fiducia il mio cuore, qualche goccia di speranza a cui abbeverarmi per continuare il cammino!
Grazie di cuore ai piccoli e alle loro grandi maestre che, nella programmazione disciplinare, come obiettivo “ trasversale” di apprendimento hanno avuto il coraggio di aggiungere l’Amore!
E mi sorprende un piacevole dubbio : non è che la scuola stia veramente diventando “Buona”?