PER UNA CHIESA GIOVANE IN UNA SOCIETA’ DEMOCRATICA

Dal numero di Luglio-agosto 2019 di “ANXA”

Il nostro Paese attraversa una crisi che sta creando tanta incertezza nelle persone e una grande confusione in tutti i settori della vita pubblica. Occorre perciò adoperarsi per uscire da questa situazione onde ritrovare l’armonia interiore, la pace e la solidarietà sociale perdute. Una antropologia che neghi valori umani essenziali non dà maggiore prestigio all’uomo, ma fa emergere piuttosto la sua fragilità, debolezza e incertezza.
L’uomo che oggi vive in un mondo globalizzato che ha cancellato i famosi confini territoriali è un essere costantemente in cammino. Ciò non è solo un modo di essere che caratterizza la condizione umana, ma è fondamentalmente un imperativo etico al quale l’uomo, che ha sempre coltivato una tensione verso il futuro, deve conformare il proprio modo di essere, cui anche la tradizione ebraico-cristiana, già prima del cristianesimo, ha dato un profondo significato religioso. L’uomo biblico, si pensi per esempio ad Abramo, a Giuseppe figlio di Giacobbe, è un nomade alla ricerca della terra promessa.
A ragione le Clarisse e le Carmelitane di 62 Monasteri italiani, in una lettera aperta ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio dei Ministri, constatato che vanno diffondendosi “sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione nei confronti dei migranti e rifugiati che cercano nelle nostre terre accoglienza e protezione”, auspicano “che le istituzioni governative si facciano garanti della loro dignità, contribuiscano a percorsi di integrazione e li tutelino dall’insorgere del razzismo e da una mentalità che li considera solo un ostacolo al benessere nazionale” (Cfr. “Avvenire”, 14 luglio 2019).
Lo spettacolo di una politica frammista a religione e superstizione
Oggi in Italia il clima politico si è gravemente deteriorato perché da circa due anni si è in una permanente campagna elettorale che semina ovunque e con ogni mezzo odio, paura e confusione. Rosari,Vangeli, Madonne e Padri Pio vengono sventolati nei comizi elettorali senza ritegno e senza alcuna adesione intima al Vangelo della solidarietà e dell’accoglienza. Chi si comporta in questo modo prega? “Non credo”, scrive Marco Belpoliti, perché chi “bacia il Crocifisso in modo apotropaico”, ossia come un amuleto che serve ad allontanare un influsso maligno e maneggia il rosario come “un oggetto magico e come un portafortuna […] è un perfetto cinico con una falsa patente religiosa” (Il rosario senza preghiera del Capitano, in “La Repubblica”, 28 maggio 2019). Ridurre il Crocifisso, nota Corrado Augias, “a ciondolo insignificante, a me pare irriguardoso nei confronti di quell’immensa figura e dell’atrocità della sua morte. Il mio dissenso è laico ma anche di riguardo per una figura che venero pur essendo ateo” (Dove finisce la libertà di indossare un Crocifisso, in “La Repubblica”, 27 giugno 2019). Addirittura ringraziare platealmente “la Beata Vergine Maria”, dopo l’approvazione del decreto sicurezza bis, atteggiamento questo che è quanto di più anti-evangelico possa esserci, vuol dire cadere nel ridicolo. Ne approfitta Selvaggia Lucarelli che si immedesima nei panni della Vergine Maria che scrive un’ironica lettera a chi la utilizza con tanta spregiudicatezza per chiedergli di smetterla di usarla nella sua propaganda politica (Cfr. Caro Matteo, sono Maria: io con te non centro niente, in “Il Quotidiano”, 7 agosto 2019). Più che un fatto di libertà personale, l’uso distorto dei simboli religiosi rappresenta una dimensione sacrale legata al politeismo e al feticismo e non certamente alla fede cristiana.
“Ormai, in Italia -scrive la filosofa Michela Marzano- la querelle politica sembra ridursi a un insieme di insulti e di volgarità, come se il discorso dell’odio fosse l’unico modo di contrapporsi a chi sostiene e promuove idee diverse dalle proprie” (Difendere le donne? Meglio insultarle, in “La Repubblica”, 21 luglio 2019).
Sarebbe troppo lungo enumerare le volgari, autoritarie, colorite e impronunciabili espressioni utilizzate da chi rappresenta le Istituzioni e che fanno breccia sulla gente semplice, ma non si addicono alla serietà e alla dignità di un politico. Chi riduce la politica alla propaganda e la usa per seminare odio, deve ricordare che c’è stato già un tempo in Italia in cui le parole sono diventate bastoni, poi armi e poi bombe. Il consenso popolare, che è sempre molto volubile, non giustifica il modo spregiudicato e autoritario di far politica. Per il dittatore (Cfr. G. PANZA, Il dittatore, Rizzoli, Milano, 2019) l’ignoranza è l’arma a doppio taglio del potere.
I cattolici con chi stanno?
Osservando le indicazioni che vengono dai sondaggi è doveroso porsi una domanda: i cattolici italiani chi votano? Significativo il titolo in prima pagina di “La Repubblica” dell’8 giugno scorso: “Cattolici a un bivio: il Papa o Salvini. Il sociologo Ilvo Diamanti sullo stesso giornale scriveva che, alla vigilia delle elezioni europee, “il 27 % dei cattolici si diceva intenzionato a dare il proprio consenso alla Lega”. “Staccare i fedeli dai Vescovi e soprattutto dal Papa -scriveva contemporaneamente il Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI)- è una manovra sbagliata e controproducente […]. La storia ci insegna che non è stata mai una buona scelta quella di rincorrere i potenti” (Intervista al cardinale Bassetti sul tema del voto alla Lega di P. RODARI, in “La Repubblica”, 9 giugno 2019). Sarebbe interessante se tra i cattolici italiani si aprisse una discussione sul “bivio” , indicato da “La Repubblica”, attraverso un processo d’ascolto delle comunità locali con assemblee territoriali, forum tematici o altre iniziative ritenute più appropriate. E’ questo un modo per rendere la Chiesa veramente profetica. Il giornalista Michele Serra pensa che vi è solo “una valorosa e nutrita minoranza di persone per le quali la fede cristiana è testimonianza di carità” mentre vi è una “evidente maggioranza per la quale la religione è soprattutto un omaggio alle tradizioni, un ‘abitudine sociale” (I confort della religione, in “La Repubblica”, 9 luglio 2019). Alberto Melloni, storico del cristianesimo e attento studioso dei processi ecclesiali, ritiene che “la propaganda salviniana è riuscita a prendere in ostaggio non solo il cattolicesimo tradizionalista integralista, che era già suo […] , ma ha saputo sedurre e sequestrare pezzi di devozionalismo conservatore cattolico certamente per ovvi fini elettorali […], e non di meno per dividere la Chiesa, con effetti e mandanti che vanno cercati tra i grandi attori internazionali ostili a Papa Francesco” (Cattolici al bivio. Non si tace sul Vangelo, in “La Repubblica”, 8 luglio 2019). E’ perciò compito dei Pastori adoperarsi per respingere ogni antagonismo che possa dividere la Chiesa. La quale invece deve destarsi dal torpore in cui, dopo il convegno di Firenze del novembre del 2015, si è lasciata andare. Allora Francesco le rivolse un chiaro appello invitandola ad essere “una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa […], a discutere insieme, ad arrabbiarsi insieme e a pensare alle soluzioni migliori per tutti”. Purtroppo non si è fatto nulla e Francesco nella riunione dei Vescovi italiani del maggio scorso, se ne è lamentato.
Per rinnovare la società italiana occorre non un partitino di cattolici, ma un impegno della Chiesa a formare uomini di valore, competenti ed onesti. Un popolo buono e accogliente, non astioso e rancoroso, pronto a crescere insieme con gli altri può nascere solo da una politica diversa dall’attuale. Tutto ciò è possibile, scrive Alberto Melloni, attraverso “un atto sinodale che mostri l’unità della Chiesa nell’obbedienza al Vangelo”. Ma i Vescovi sembra, chiosa Melloni furbescamente “non vogliono fare il sinodo finché il Papa non lo ordina e il Papa non lo ordina finché i Vescovi non lo vogliono” (Cattolici al bivio cit.). Un Sinodo del Popolo di Dio, con la partecipazione di una qualificata rappresentanza di questo “popolo”, fatta di donne e uomini, consacrati e non, e non solo di élités del pensiero cattolico o di gruppi che seguono un percorso formativo, presieduto dal Vescovo di Roma, aprirebbe, in prospettiva, cambiamenti profondissimi nella Chiesa italiana e di conseguenza nella società italiana. Solo il Sinodo può dare una risposta chiara alle minacce che emergono all’interno del dibattito politico e un contributo specifico da parte dei credenti alla costruzione di una società pienamente democratica. E’ il processo sinodale l’azione che può aiutare i cattolici a discernere le forme dell’impegno democratico che li aiutino a diventare, come auspicava Francesco alla fine del suo discorsi del 2015, “costruttori dell’Italia” (Cfr, A. SPADARO s. j, I cristiani che fanno l’Italia, in “La Civiltà Cattolica”, n.4047, 2/16 febbraio 2019, pp, 50-52).

L’insegnamento di Papa Francesco
L’auspicio del Papa è quello di vedere realizzata una Chiesa giovane che sappia rinnovarsi nell’attuazione del Vangelo e possa vivere in una società autenticamente democratica.
Nell’Angelus di domenica 14 luglio scorso, Egli ha commentato la famosa parabola del buon samaritano, nella quale protagonista “è un samaritano che incontra lungo la strada un uomo derubato e percosso dai briganti e si prende cura di lui”. Gesù sceglie un samaritano, che pur non essendo del popolo eletto, si comporta secondo la legge di Dio, provando compassione per il fratello bisognoso e soccorrendolo con tutti i mezzi a sua disposizione, cosa che non avevano fatto né il sacerdote, né il levita, anche se dediti al culto divino. Il Papa propone “come modello il samaritano che, amando il fratello come se stesso, dimostra di amare Dio con tutto il cuore e con tutte le forze, ed esprime nello stesso tempo una vera religiosità e una piena umanità” e poi conclude: “ la misericordia nei confronti di una vita umana in stato di necessità è il vero volto dell’amore”. Per i cristiani la carità è una delle tre virtù teologali sulla base della quale , ci ammonisce Gesù, saremo giudicati. Francesco ci dice che bisogna farla, ma sempre “guardando negli occhi chi chiede” per dirgli, in quel lampo di sguardi, che ci siamo accorti di lui, che l’elemosina non è un nostro gesto distratto, altrimenti è solo “autopromozione pubblica” (Cfr, P. CORRIAS, “Ho fame, mi dai qualcosa, in “La Repubblica”, 15 luglio 2019), simile al comportamento superbo del fariseo di un’altra parabola evangelica (Lc, 18, 9-14) in netto contrasto col gesto umile e pentito del povero pubblicano.
Il Papa, che preferisce i gesti alle parole, ricordando il sesto anniversario della sua visita a Lampedusa, ha deciso di celebrare l’8 luglio alle ore 11 nella basilica di San Pietro, all’Altare della Cattedra, una Santa Messa alla quale hanno partecipato circa 250 persone tra migranti, rifugiati e quanti si sono impegnati per salvare la loro vita. Un segnale forte da parte del Papa che ha ribadito la sua vicinanza sia a profughi e migranti, sia a chi li soccorre.
L’unico che parla chiaro, “in questo panorama avvilente, disumano e rabbioso -scrive la giornalista Margherita Cogo- è Papa Francesco, il quale ripete continuamente che i migranti sono prima di tutto persone umane, sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata” (Migranti, Salvini ha superato il limite, in “L’Adige”, 12 luglio 2019) che vanno accolti e salvati. Questo insistente richiamo ai valori cristiani del Papa ha portato il popolo leghista, durante un comizio, perfino a fischiarLo, superando abbondantemente il limite che differenzia una società civile e democratica da una società illiberale che giustifica ogni eccesso del capo.

Francesco ha fiducia nei giovani
Ma esiste ancora un’Italia diversa ? Esiste ancora nel cuore dell’uomo la solidarietà e la capacità di respingere gli incitamenti all’odio verso i diversi, al fine di generare solo paura? Credo di si. La Chiesa che “oggi è tanto ferita da tensioni al suo interno”, come ha confidato il Papa, ad un gruppo di gesuiti in Romania il 31 maggio scorso (Cfr. “La Civiltà Cattolica”, n. 4056, 15 giugno 2019, p. 522), è sicura che i giovani che sono “l’Adesso di Dio” la renderanno capace di testimonianza e di stare vicina agli ultimi e agli scartati.
“Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo”. Cosi si apre l’Esortazione Apostolica post-sinodale Christus vivit, Cristo vive (C V) del 25 marzo 2019, indirizzata ai giovani e a tutto il Popolo di Dio. E’ un testo molto ampio, composto da nove capitoli, divisi in 299 paragrafi che affronta vari temi e costituirà -nota il Cardinale Baldisseri nella Presentazione- per il prossimo futuro la magna charta della pastorale giovanile e vocazionale nelle diverse Comunità ecclesiali, tutte segnate – benché in modi diversi a seconda delle differenti latitudini – da una profonda trasformazione della condizione giovanile”. Parlare dei giovani, scrive Padre Antonio Spadaro, Direttore de “La Civiltà Cattolica, “significa parlare di promesse: ogni giovane ha qualcosa del profeta. Il Sinodo, dunque è stato chiamato a cogliere ed interpretare tale profezia” (Giovani che volano con i piedi, in “La Civiltà Cattolica”, n. 4051, 6/20 aprile 2019, p. 3). In Gesù il Papa “riconosce l’eternamente giovane che vuole donarci un cuore sempre giovane (C V, n. 13). Da parte loro “i giovani non vogliono vedere una Chiesa silenziosa e timida, ma nemmeno sempre in guerra per due o tre temi che la ossessionano […]. Una Chiesa che smette di ascoltare, che non si lascia mettere in discussione, perde la giovinezza e si trasforma in un museo” (CV, n.41). In essa, scrive Matteo Liut, ci deve essere una duplice preoccupazione : “da un lato dare credibilità alla sua azione pastorale accanto alle nuove generazioni e dall’altro offrire una speranza concreta ai giovani, spronandoli a vivere a pieno la loro età” (Francesco: cari ragazzi siate l’adesso di Dio, in “Avvenire”, 3 aprile 2019).
L’appello del Papa rivolto ai giovani è duplice: camminare insieme, vivere la gioventù come un dono; mentre quello rivolto alla Chiesa è: porsi in ascolto delle nuove generazioni e liberarsi “da coloro che vogliono invecchiarla, fissarla sul passato, frenarla, renderla immobile” (CV, n. 35). Solo così la Chiesa diventerà più credibile e supererà scandali e clericalismo, senza però illudersi che per essere giovane occorra “cedere a tutto ciò che il mondo le offre” (Ivi). Quando la Chiesa di Cristo “cadrà nella tentazione di perdere l’entusiasmo” devono essere i giovani “ad aiutarla a rimanere giovane” (Ivi, n.37).
Nel Capitolo VIII: La vocazione, Bergoglio riprende il discorso della sessualità già affrontato nella Amoris laetitiae, evidenziando chiaramente quanto il tema gli stia a cuore e quanto sia necessario che i giovani prendano atto che la sessualità “non è un tabù ma un dono meraviglioso di Dio” (Cfr, D. AGASSO jr, La svolta di Bergoglio per i giovani “Il sesso non è un mostro da evitare”, in “La Stampa”, 3 aprile 2019 e CV, n. 259-267).
Il Papa è convinto che i giovani si aspettano dalla Chiesa un aiuto a fare scelte ponderate, rispondenti alle loro esigenze e utili per la loro vita futura. Perciò essi non chiedono un approfondimento del patrimonio culturale-teologico. A loro interessa vivere intensamente l’esperienza di Dio, l’incontro con Gesù che ha toccato il loro cuore e il lasciarsi coinvolgere dalle testimonianze.
L’Esortazione si conclude con un desiderio di Francesco: “Cari giovani la Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci” (CV, n. 299).

Conclusione
Papa Francesco, ha ben chiaro nella mente l’obiettivo della sua missione: annunciare il Vangelo e farlo vivere. Fiducioso unicamente nell’aiuto del Signore e nell’assistenza dello Spirito Santo che guida da sempre la Chiesa è un Papa che sarà ricordato non per “le grandi imprese – come scrive il teologo Spagnolo André Torres Quieiruga- ma per la solida ed autentica umiltà “che rende grande ciò che è piccolo e straordinario l’ordinario”. (La novità di Papa Francesco: un Papa pastore, in, La semina del Profeta, EDB, Bologna, 2019, p. 9). Francesco non ha mai negato il contenuto della Tradizione ecclesiastica, come lo accusano i suoi detrattori, ma ad essa ha aggiunto un codicillo che, volutamente o inconsapevolmente dimentichiamo: la salvezza ci viene unicamente dal Vangelo che dobbiamo sforzarci di vivere giorno dopo giorno. Non si comprende perciò l’accusa di eresia che i malevoli gli fanno. Ma anche in questo Egli è maestro di umiltà. Quando è in atto la persecuzione e l’accanimento, raccomanda, bisogna seguire l’esempio di Gesù che non litigava con i farisei ma rimaneva in silenzio. Nel momento della tribolazione occorre perciò solo “vivere la testimonianza e la vicinanza amante nella preghiera, nella carità e nella bontà” (Conversazione con i gesuiti cit., in “La Civiltà Cattolica”, p. 523).

Pantaleo Dell’Anna