FRANCESCO: TESTIMONE DELL’AMORE IN UN MONDO DIVISO DALL’ODIO

L’annuncio del Vangelo non è caduto invano nel mondo e può risultare interessante perfino a chi non crede. L’ateo può non convincersi di quello che il Vangelo di Gesù annuncia, ma certamente è turbato dal fatto che vi siano tanti uomini e donne che lo vivono quotidianamente e ne sono affascinati. Il credente inquieta il non credente non per quel che annuncia, ma per il fatto che egli mostra, col suo esempio, che ci crede davvero. “Sarete miei testimoni fino ai confini del mondo” (At, 2, 8) ha raccomandato Gesù agli suoi discepoli. Il testimone però è credibile solo se ciò in cui crede dà buoni frutti. “Li potrete riconoscere dai loro frutti” (Mt 7,20), dice Gesù. I testimoni inquietano non solo gli stessi credenti, ma anche i seguaci di altre religioni. Se ogni battezzato facesse proprie queste riflessioni, la comunità ecclesiale riuscirebbe ad incidere più profondamente nella società.

Francesco missionario in Thailandia e in Giappone (19-26 novembre2019)
Francesco, con il suo comportamento ed i suoi numerosi viaggi nel mondo, è la testimonianza vivente dell’annuncio di salvezza portato da Gesù nel Vangelo. Protezione della vita e dell’ambiente, pace e disarmo atomico in un mondo frammentato dall’odio e dagli estremismi religiosi e sostegno alle piccole minoranze cattoliche sono i temi che Egli ha affrontato nei recenti viaggi in Thailandia e in Giappone. Per Francesco la Chiesa “ospedale da campo” è per sua natura missionaria e quindi aperta al mondo. Ogni battezzato non può rimanere isolato, ma deve donarsi all’altro e tessere relazioni che generano vita.
In Thailandia Francesco ha incontrato Suor Anna Rosa Sivori, sua connazionale e pro-cugina da parte della madre, da 54 anni missionaria salesiana in quel Paese, che lo ha accolto “come una grande benedizione e un dono speciale per tutta la Thailandia” perché i buddisti “apprezzano moltissimo la sua semplicità, la sua coerenza e la sua austerità”. La suora si è augurato che la visita del Papa possa far nascere in quel Paese una vita spirituale più intensa (Cfr, G. G. VECCHI, La cugina-interprete con il Papa, in “Corriere della Sera”, 21 novembre 2019).
Dopo le tre giornate faticose in Thailandia Francesco ha incontrato in Giappone i Vescovi e padre Renzo De Luca, il provinciale dei gesuiti, suo ex allievo che ha fatto da interprete al suo antico maestro. Il Papa ha manifestato tutto il suo compiacimento per essere arrivato in quella terra da missionario, sulle orme dei grandi testimoni delle fede, come san Francesco Saverio, i martiri san Paolo Miki e i suoi compagni, e il beato Justo Ukon. “Il Dna delle vostre comunità, egli ha detto rivolgendosi ai Vescovi, è segnato da queste testimonianze e la missione della Chiesa nella vostra terra è caratterizzata da una forte ricerca di inculturazione e di dialogo sincero e costruttivo. (Cfr, G. CARDINALE, Il Papa in Giappone: evangelizzare va insieme a proteggere ogni vita, in “Avvenire” , 24 novembre 2019).

Francesco a Nagasaki e a Hiroshima: la vera pace è disarmata
Il momento più significativo e più importante in Giappone sono state le sue due tappe. La prima a Nagasaki, dove ha incontrato la signora Yoshikob Kajimoto, che aveva 14 anni quando l’atomica esplose alle ore 8,16 del 6 agosto 1945 provocando circa settantamila morti all’istante, proprio nel luogo in cui ella stava parlando. Ora ne ha 88 di anni e l’aria fragile ma determinata e Papa Francesco l’ascolta assorto. La sua seconda tappa dell’orrore è stata Hiroshima. Le parole del Papa sono una condanna, che non ha eccezioni né alibi, delle armi nucleari “L’uso dell’energia atomica per fini di guerra -Egli ha detto- è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale. Ed è immorale anche il possesso, come ho già detto. Saremo giudicati per questo. Le nuove generazioni si alzeranno come giudici della nostra disfatta se abbiamo parlato di pace ma non l’abbiamo realizzata con le nostre azioni tra i popoli della terra” (Cfr, G. G. VECCHI, Il Papa:”Avere la bomba è immorale”, in “Corriere della Sera”, 25 novembre 2019). “Chi ha colto fin dal suo sorgere l’inaudita novità del pontificato di Francesco -scrive Raniero La Valle- non si stupirà delle sue fermissime parole da Hiroshima e Nagasaki”. Un Papa, continua La Valle, “che ha aperto l’Anno santo non a Roma ma a Bangui, che ha convocato la Chiesa intera al capezzale dell’Amazzonia morente per il fuoco appiccato dagli uomini, non poteva non salire a quel buco nero” (Disarmare la pace, in “Il Manifesto”, 26 novembre 2019).
In merito all’uso e al possesso della bomba atomica è giusto e doveroso ricordare che, durante il Concilio Vaticano II, fu proposto di condannare anche il solo possesso delle armi nucleari, ma i Vescovi americani vi si opposero. Oggi invece il Papa condanna non solo il possesso e la fabbricazione, ma anche il commercio perché ciò comporta lo spreco di risorse che potrebbero essere utilizzate a vantaggio dello sviluppo integrale dei popoli e per la protezione dell’ambiente naturale. Francesco dà una nuova definizione della pace quando afferma che “la vera pace è disarmata” e contribuisce a costruire nella giustizia il bene di tutti.
Rileggendo le parole pronunciate dal Papa a Nagasaki e a Hiroshima (Cfr, Il Papa: immorale anche averle, non solo usare le armi atomiche , in “Avvenire”, 26 novembre 2019) ci si aspetterebbe, da parte delle istituzioni politiche italiane, sempre loquaci sul Papa, una qualche reazione. Invece è seguito un silenzio di tomba perché, scrive Manlio Minucci, “l’Italia paese non nucleare, ospita ed è preparata a usare atomiche statunitensi, violando il Trattato di non-proliferazione a cui ha aderito e, come membro Nato, si è rifiutata di aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari votato a grande maggioranza” (Cfr, “L’atomica immorale e criminale”. Silenzio bipartisan sul Papa , in “Il Manifesto”, 26 novembre 2019). Purtroppo l’enorme spesa per gli armamenti, che secondo gli analista arriva ai 1.800 miliardi di dollari l’anno, non solo danneggia i poveri, ma compromette l’ordine internazionale che con tanta fatica si è cercato di costruire dopo la seconda guerra mondiale. “Proteggere ogni vita” è stato il motto della visita del Papa in Giappone, un Paese che porta impresse le piaghe del bombardamento atomico. Per proteggere la vita però bisogna amarla, e oggi la grave minaccia , nei paesi più sviluppati, è la perdita del senso di vivere. Già nel 1963 Giovanni XXIII, dopo la crisi missilistica di Cuba, chiese, nella enciclica Pacem in terris, la proibizione delle armi atomiche. Per Francesco la strada del disarmo passa dal sostegno al Trattato sul divieto delle armi nucleari a cui tuttavia diversi paesi importanti ancora non aderiscono”(P. RODARI, Il Papa a Hiroshima e Nagasaki “ Immorale l’arma atomica”, in “La Repubblica”, 25 novembre 2019).

Dalla cultura dello scarto alla cultura dell’odio
Il Papa, che da sempre è a favore degli ultimi, nel discorso del 15 novembre scorso ai penalisti che celebravano a Roma il XX Congresso mondiale della loro Associazione, si è mostrato piuttosto preoccupato per il crescere di una certa “cultura dello scarto che, combinata con altri fenomeni psico-sociali diffusi nelle società del benessere, sta manifestando la grave tendenza a degenerare in cultura dell’odio” che avvelena il clima sociale. Parlando ancora ai penalisti Egli ha richiamato l’attenzione verso un sistema giudiziario che non può mettere in difficoltà i più deboli, mentre sorvola sui grandi reati commessi dalle classi più agiate. L’odio che oggi imperversa un po’ ovunque è generato da un individualismo esasperato e da un modo di governare finalizzato unicamente al consenso elettorale per cui, se per raggiungere questo obiettivo è necessario istillare odio, generare paure, i nostri governanti non si fanno alcuno scrupolo.
Alcune misure, infatti, fortemente caldeggiate in Italia dal precedente governo e da esponenti della Lega quali “la legittima difesa”, che non può essere assolutamente un pretesto per “giustificare crimini”, e il cosiddetto “Decreto sicurezza” che è un giro di vite sui migranti e sulle Ong che salvano persone in mare, hanno reso più infuocato il clima politico e sociale.
Su questo terreno è intervenuto un pastore, il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna, con il libro, scritto con il giornalista Lorenzo Fazzini, Odierai il prossimo tuo, che ha un sottotitolo molto significativo: Perché abbiamo dimenticato la fraternità. Riflessioni sulle paure del tempo presente. Un libro coraggioso perché va nella direzione opposta al clima che si respira oggi in Italia. Il testo è indirizzato a coloro che sbandierano il Vangelo nei comizi, ma si sono dimenticati o non hanno mai capito che il prossimo è la persona bisognosa di aiuto materiale e spirituale che vive nella porta accanto. Costoro, che di cristiano hanno solo il nome, sono disponibili a stravolgere il messaggio evangelico e a farne un uso strumentale. Per giunta si assolvono da ogni responsabilità, col dire che vengono “prima gli italiani”. Il Cardinale invece rifiuta la logica dei muri, dei porti chiusi e la insensibilità di coloro, che per giustificare il modo antievangelico di porsi di fronte al problema della emigrazione, accusano le stesse vittime della loro sorte crudele. “Con disarmante linearità – l’Arcivescovo di Bologna- spiega che la Chiesa di Francesco non è un’Ong buonista, come viene sbeffeggiata dai tradizionalisti, ma espressione del Vangelo e dell’amore predicato da Gesù”. L’esasperato individualismo, invece, è sorgente dell’egoismo e “l’amore solo per se stessi è il vero inferno” (F. D’ESPOSITO,, Il Don Matteo di Bologna che spiega perché l’odio ha contagiato la Chiesa, in “Il fatto Quotidiano”, 9 dicembre 2019). La spinta nazionalista di Salvini esige da una parte l’individuazione dello straniero da osteggiare come i rom, i migranti, le comunità islamiche, in quanto presunta causa della crisi economica e dall’altra una diffidenza nei confronti dell’Europa vista come sovrastruttura che mortifica le sovranità nazionali. La difesa della identità rischia di portare all’isolamento se non si integra nel dialogo con gli altri paesi (Cfr, Intervista a Papa Francesco di D. AGASSO JR, “Il sovranismo mi spaventa e porta alle guerre”, in “La Stampa”, 9 agosto 2019).

Il Cardinale Camillo Ruini: “E’ doveroso dialogare con Salvini”
In questo contesto appare alquanto inopportuna l’intervista dell’ottantasettenne Cardinale Camillo Ruini a sostegno di Salvini e della sua politica. Essa è stata una buona notizia per Salvini che non si è lasciato sfuggire l’occasione per chiedere udienza al Cardinale che gliela ha subito accordata. Il gesto del Cardinale, che appare quanto meno sconveniente, ha creato disagio nelle coscienze di tanti cattolici, ma ha anche messo in evidenza l’assenza di un dibattito e di una riflessione approfondita nella Chiesa sulla Lega che, nelle scorse elezioni, è stato il partito più votato dai cattolici, come è successo anche nella diocesi di Nardò-Gallipoli. Le reazioni all’intervista di Ruini sono state immediate e fortemente critiche a cominciare da quelle di Mons. Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo e Padre Bartolomeo Sorge per finire a quelle del costituzionalista Stefano Ceccanti, del Prof. Franco Monaco e di Raniero La Valle. Tra i tanti commenti, riporto quello di Luigi Sandri che, con fine ironia, scrive: “L’ottantasettenne Cardinale Camillo Ruini si è arditamente inventato un ruolo che, in uso nel Medioevo, purtroppo si era perduto nell’età moderna così anticlericale: quello di Antipapa”. Ruini infatti al “Corriere della Sera”, in merito alla proposta di ordinare preti i diaconi già sposati, ha fatto una lapidaria dichiarazione: “E’ una scelta sbagliata”. “Sua Santità Camillo I -cointinua Sandri- mostra a tutta la Chiesa romana, con indomito coraggio, che l’obbedienza non è più una virtù, e che contestare il Papa regnante -seppure fosse un reato passibile di scomunica- oggi invece è opera meritoria, con annessa indulgenza di sette anni e sette quarantene” (La carriera di Ruini da cardinale ad antipapa, in “Confronti”, dicembre 2019).
Anche il Cardinale Zuppi sembra abbia incontrato Salvini il 14 novembre scorso, il giorno del comizio del leader leghista a PalaDozza, secondo le notizie comparse sui giornali. Il leader legista ha però smentito la notizia. Cosa si siano detto, se l’incontro c’è stato, non si saprà forse mai. D’altromnde è abbastanza noto il giudizio negativo di Zuppi sul linguaggio di Salvini che incita all’odio.
Papa Francesco è uomo che ha ben chiaro nella mente ciò che deve fare, apprezza il libero confronto, anzi lo chiede, ma alla fine è lui personalmente che decide. Lo prova, se ce ne fosse bisogno, la recente nomina, tanto inattesa quanto clamorosa dell’8 dicembre scorso, del Cardinale filippino, di origini cinesi, Luis Antonio Tagle, Arcivescovo di Manila, a Prefetto della Congregazione per la Evangelizzazione dei popoli, dicastero che, nella bozza di riforma, assume un ruolo più importante di quello della Dottrina della fede. Egli, visto che la riforma della Curia andava per le lunghe e che la Costituzione Apostolica Predicate Evangelium tardava ad essere pubblicata, ha deciso di intervenire cambiando intanto i vertici del dicastero più importante.
Papa Francesco, chiamato ad attuare il Vaticano II, nel suo magistero non può prescindere dalla complessità dei temi trattati in esso e dalle nuove acquisizioni teologiche. Egli perciò, poiché il contenuto dottrinale è già patrimonio del popolo cristiano, insiste nell’annunciare quotidianamente il Vangelo dell’Amore di Gesù che è “via, verità e vita”. Perciò coloro che si oppongono al Papa, al di là di ogni giustificazione, si oppongono al Vaticano II e al Vangelo di Gesù.
Il Concilio ci ha segnato una via, a ciascuno di noi l’impegno di seguirla, ricordando sempre che “la Scrittura cresce con chi la legge” e, come insegna Giovanni XXIII, “Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio”.

Conclusione
Francesco invita ciascuno di noi ad essere operatore di pace nel mondo e a collaborare con Lui nell’attuazione piena del Vaticano II. Questo obiettivo richiede in primis l’impegno della Chiesa locale, diocesi e parrocchie. Il rinnovamento che auspica Francesco è innanzitutto cambiamento di mentalità e disponibilità ad accettare il Vangelo nella sua integrità. Per ottenere ciò, Egli indica una strada semplice ma efficace che tante volte ha suggerito: lo studio e l’approfondimento in piccoli gruppi della Evangeli gaudium, documento programmatico del suo pontificato. Illuminante a questo riguardo è un appunto inedito del Cardinale Martini del novembre del 1990, quando era presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa. In divergenza con Papa Giovanni Paolo II che, per porre un freno al dilagare del materialimo in Europa, intendeva proporre come rimedio ciò che era stato già fatto nelle Chiese dell’Est, Martini “mette in guardia contro il pericolo di affrontare una fase nuova riproponendo modelli del passato”. A tal proposito egli scrive: “L’Europa non è solo una storia di valori da ricostruire! E’ un’area provvidenziale in cui il primato va dato ai Vangeli, non ai valori. Solo partendo dal primato del Vangelo si potrà dire che si mettono a posto anche i valori” (A. CARIOTI, La divergenza con Woijtyla. Una visione che privilegia il Vangelo non i valori, in “Corriere della sera” , 30 novembre 2019).
Si avrà la lungimiranza di intraprendere questa strada? Non lo so.

Pantaleo Dell’Anna