L’ENCICLICA “FRATELLI TUTTI” (novembre-dicembre)

Il 2 novembre scorso, a 91 anni, ci ha lasciato Padre Bartolomeo Sorge, uno dei figli più maturi del Concilio Vaticano II. Egli ha contribuito a formare una classe dirigente del Paese, legata al filone culturale del cattolicesimo democratico, che ha anticipato una nuova stagione della Chiesa, interrotta con la morte di Paolo VI, e che ha avuto un un’eco significativa nel primo grande convegno nazionale della Chiesa italiana su Evangelizzazione e promozione umana (Roma, 1976). Papa Bergoglio ha inteso rifarsi a quella stagione e perciò ha sentito il dovere di segnalare ai responsabili dell’ordine internazionale e all’umanità intera il fenomeno epocale delle migrazioni, l’estendersi drammatico delle ingiustizie e disuguaglianze sociali, le nuove schiavitù e il legame stretto tra degrado ambientale e degrado sociale.
Con l’enciclica “Fratelli tutti”, l’undicesima delle cosiddette encicliche sociali, a partire dalla Rerum Novarum (1891) di Leone XIII, Papa Francesco ha voluto esortare l’umanità che, soprattutto dopo la pandemia si è trovata spaesata, a ritrovare l’orientamento e l’unità.

“Fratelli Tutti”: una sfida al pensiero unico e alla globalizzazione economica
Il titolo dell’Enciclica, “Fratelli Tutti” (FT), scritta da Papa Francesco nell’ottavo anno del suo pontificato, è una citazione diretta della VI Ammonizione di San Francesco, datata attorno al 1221, contenuta nelle Fonti Francescane 155. San Francesco la impiega “per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore del Vangelo” (FT, n. 1)
Si tratta quindi di una citazione diretta, non di una scelta di genere, riportata in italiano, sia nel testo ufficiale latino che nelle traduzioni in varie lingue. L’Enciclica è stata firmata il 3 ottobre scorso dal Papa, per la prima volta nella storia non a Roma, ma sulla tomba del Santo di Assisi, dopo la celebrazione in forma privata della santa Messa nella Basilica (Cfr, A. MELLONI, La nuova enciclica di Francesco nata dal dialogo con l’Islam e dal Covid, , in “Il Domani”, 16 settembre 2020).
Il sottotitolo: “Sulla fraternità e l’amicizia sociale” ne indica abbastanza chiaramente il contenuto. Quasi un compendio, l’hanno definito gli esperti, del pensiero sociale di Francesco. La domenica dopo la firma, 4 ottobre, festa liturgica del Santo di Assisi, il Papa ha voluto regalarla ai fedeli presenti in Piazza San Pietro.
Il 15 novembre successivo Egli, celebrando la Giornata mondiale del povero, istituita quattro anni fa a conclusione dell’Anno santo della Misericordia, ha celebrato la Santa Messa nella basilica di San Pietro con la partecipazione di un folto gruppo di senzatetto ed indigenti. Nell’omelia ha ricordato che Cristo è presente nella persona dei poveri e, con le parole del Siracide, ha esortato credenti e non a “tendere la propria mano al povero” (Sir, 7, 32) che è Cristo vivente in mezzo a noi. A mezzogiorno, all’Angelus, ai fedeli radunati in piazza San Pietro, dopo aver detto: “ A volte, pensiamo, che essere cristiani sia non fare il male. E non fare del male è buono. Ma non fare del bene, non è buono”, ha aggiunto: “Alcuni dicono: Ma questi preti, questi Vescovi che parlano dei poveri. Noi vogliamo che ci parlino della vita eterna”. A questa obiezione ha risposto con un’ammonizione conclusiva: “Guarda fratello e sorella, i poveri sono al centro del Vangelo; è Gesù che ci ha insegnato a parlare ai poveri, è Gesù che è venuto per i poveri. Tendi la tua mano al povero. Hai ricevuto tante cose, e tu lasci che tuo fratello , tua sorella muoia di fame”.
Come era logico aspettarsi, l’enciclica ha suscitato un profondo e contrastato dibattito. Ce n’era bisogno. L’enciclica è infatti una sfida forte al pensiero unico che la globalizzazione economica, finanziaria e culturale, ha silenziosamente imposto nel mondo. A far da battistrada in questo attacco al Papa sono stati i giornali della destra italiana con titoli altisonanti. Marcello Veneziani che, secondo Gad Lerner, “è stato il più esplicito” considera l’enciclica un documento contro l’Occidente cristiano e su “La Verità” scrive: “se fosse davvero applicata probabilmente sparirebbero Dio, la Chiesa e la cristianità come le abbiamo finora conosciute e ci sarebbe l’avvento del comunismo e l’abolizione della proprietà privata” e conclude: “Dio ci protegga dal comunismo papale” (La fede cala e il Papa punta sul comunismo, in “La Verità”, 8 ottobre 2020). Si tratta di una esplicita denuncia dell’affermazione papale secondo cui il diritto alla proprietà privata non deve essere riconosciuto “come assoluto e intoccabile”, ma è subordinato alla destinazione universale dei beni creati” (FT, n. 120). Papa Francesco però non si preoccupa di quanti lo criticano “sostenendo che i suoi discorsi parlano molto di politica e poco di escatologia” (D.FARES S.J., La figura di Charles De Foucald in “Fratelli tutti”, in “La Civiltà Cattolica”, 7-21 novembre 2020, p. 278- 290, ivi 278), perché a Lui interessano non le affermazioni astratte sulla fine dei tempi ma ciò che noi oggi possiamo e dobbiamo fare per realizzare la fraternità umana che ci porta a “scontrarci con l’uomo ferito”(FT, n. 69) e a realizzare l’incontro con Cristo vivente nei poveri.
“Se questo è il contesto non c’è da stupirsi, scrive Gad Lerner, che “emerga anche il fino a ieri trattenuto malessere della Chiesa italiana” ((Eretico e comunista: destra, Rep e Corsera scomunicano il Papa, in “Il Fatto Quotidiano” 13 ottobre 2020). Il Cardinale Ruini è il “grande vecchio” a cui un mondo cattolico di destra, che si sente in diritto di sostenere varie forme di nazionalismo chiuso e violento e atteggiamenti xenofobi, continua a riferirsi. La Chiesa italiana, orfana delle battaglie sui princìpi, lamenta l’irrilevanza politica e culturale del nuovo corso e chiede di dialogare sia con Matteo Salvini che con Giorgia Meloni. Il sociologo Franco Garelli, in un suo recente volume, (Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio, Il Mulino, Milano, 2020) partendo da una “recente grande indagine nazionale” scrive che in Italia “il legame cattolico si fa più esile, il Dio cristiano sembra più sperato che creduto, la pratica religiosa manifesta tutta la sua stanchezza” (Ivi, p. 2 di copertina). Da questa analisi, condivisa anche da altri osservatori non di parte, è facile dedurre che il rischio dell’irrilevanza della Chiesa italiana nel mondo è dietro l’angolo. Molto del dissenso al Papa attinge energie in queste forze politiche di destra, e va anche oltre i confini italiani.
Va però notato che Il gruppo oltranzista di destra che fa capo al Cardinale Burke e all’ex nunzio apostolico a Washington Carlo Maria Viganò, che ha promosso preghiere per la rielezione di Trump, sta subendo un radicale ridimensionamento dopo la pubblicazione del rapporto sulle presunte coperture di Bergoglio circa la doppia vita del Cardinale Theodore Edgar McCarrik. Il Rapporto del 10. 11. 2020 della Segreteria di Stato Vaticana ha scagionato infatti Bergoglio dall’accusa di non essere intervenuto in tempo a condannare il cardinale, dal momento che Egli non era a conoscenza delle accuse, mentre lo ha fatto con fermezza quando si è reso conto della situazione.
La elezione a presidente degli USA di Biden , cattolico adulto che intende superare le forti tensioni che, ad arte, Trump aveva creato tra i cattolici tentando di dividerli, come aveva fatto con la chiesa protestante, ha liberato Papa Francesco da un possibile scacco matto, ipotizzabile in caso di vittoria di Trump, per cui Alberto Melloni ha scritto che “Bergoglio è il primo papa ad avere vinto le elezioni presidenziali americane” (Così papa Francesco ha vinto le sue prime presidenziali Usa, in “Il Domani”, 14 novembre 2020). Spostarsi a destra per un cattolico americano significa prendere le distanze dal Pontificato di Francesco. Questo processo adesso, con la vittoria di Biden, si è interrotto. Papa Francesco nel mese di ottobre era già intervenuto pesantemente con due “mosse” che hanno indicato un percorso chiaro. La prima è l’Enciclica “Fratelli tutti” e l’altra è la nomina del vescovo afro-americano Wilton Daniel Gregory alla sede arcivescovile di Washington, già di MacCarrik, e poi a cardinale nel Concistoro del 28 novembre scorso, il quale si era espresso pubblicamente contro l’uso strumentale da parte di Trump del pontificato di Giovanni Paolo II e della Bibbia.

Struttura e contenuto dell’Enciclica “Fratelli Tutti”
L’enciclica propone riforme epocali che presuppongono “un amore che va al di là delle barriere, della geografia e dello spazio”. Il Papa auspica “una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, del luogo e del mondo dove è nata o dove abita” (FT, n. 1). La fraternità, nota Enzo Bianchi, “resta un compito, fragile, mai raggiunto in modo definitivo, perché fratelli e sorelle non si nasce ma si diventa” (Il difficile compito della fraternità, in “La Repubblica”, 30 novembre 2020). L’Enciclica mira a promuovere una solida e decisa aspirazione mondiale alla fraternità ed all’amicizia sociale a partire dalla comune appartenenza alla famiglia umana.
Il documento certamente non è di immediata lettura, sia per la lunghezza, per la ricchezza e complessità del contenuto e dell’apparato critico, che per la prospettiva di lunga durata e per l’uso di rimandi e citazioni che hanno bisogno di attenzione per essere colti nel loro intimo significato. Occorre perciò un tempo di lettura, di riflessione e di attento sforzo ermeneutico per potere cogliere in tutta la sua forza la denuncia, l’invito ad un rapporto diverso con il povero e a politiche responsabili che formulino progetti a lungo termine, per lo sviluppo di tutti e per il bene comune.
L’enciclica è suddivisa in otto capitoli e 287 paragrafi. Si tratta di un testo puntuale e ricco di riferimenti e di citazioni, circa 200, anche di non cattolici che, scrive Alberto Melloni, “coprono il 39,42 % del testo” e rivelano un “ricorso martellante per circa duecento volte al già detto di Papa Bergoglio e un ossequio formale al passato con una quarantina di citazioni di Montini, Wojtyla e Ratzinger […] e due del Concilio Vaticano II” (Così Francesco libera la Chiesa dalla dottrina delle frasi fatte, in “Il Domani”, 5 ottobre 2030). Per rendere più universale il messaggio, Papa Francesco ha incluso valori e concetti attinti dai contributi del Patriarca Ortodosso Bartolomeo e del Grande Imam della moschea di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, con il quale il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, firmò la dichiarazione congiunta sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, nella quale entrambi dichiaravano di “adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”e poi concludevano che “è stata la stessa sapienza divina ad aver voluto il pluralismo religioso” (Cfr, M. GOTOR, Il Papa gesuita e i suoi nemici, in “Il Domani”, 18 novembre 2020). La firma del documento congiunto, che il Papa cita otto volte, mostra, scrive padre Antonio Spadaro nell’Introduzione all’Enciclica, di aver superato “la logica che combatte contro il mondo perché crede che questo sia l’opposto di Dio, cioè idolo, e dunque da distruggere al più presto per accelerare la fine del tempo” (Ivi, p. 11). Francesco non condanna il mondo, ma auspica una società fondata sull’amore universale, accogliente, inclusivo per cui l’altro è prossimo, vicino ((Cfr, FT, n. 102), come ci insegna il Vangelo.
Fraternità ed amicizia sociale sono le vie indicate dal Papa per costruire un mondo migliore, più giusto. Viene perciò ribadito il no deciso alla guerra “negazione di tutti i diritti” e non più giustificabile, considerati gli effetti prodotti dalle armi attuali. Rilancia la proposta della Populorum Progressio di Paolo VI per un fondo mondiale finanziato dalle spese militari per eliminare la fame e per lo sviluppo dei paesi poveri. Con la guerra il Papa condanna la cultura dei muri e ogni forma di violenza anche quella subdola, come il disprezzo per il diverso, ed auspica l’abolizione della pena di morte, inadeguata sul piano morale e non più necessaria sul piano penale.
Purtroppo le regole economiche efficaci per la crescita talvolta non sono altrettanto efficaci per lo sviluppo integrale della persona umana e di coloro che per il colore della pelle o per il paese di provenienza, pur partecipando alla vita sociale, non godono degli stessi diritti degli altri cittadini. Il Papa condanna il liberismo economico in quanto proiezione dell’individualismo più radicale, la libertà di mercato e la speculazione finanziaria che non sono in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità (Cfr, FT, Capitolo primo: Le ombre di un mondo chiuso, n. 9-55). Occorre invece sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, regolarizzare l’attività finanziaria, promuovere iniziative sul debito dei paesi poveri, assicurando il fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza e favorendo con ogni mezzo la pace universale.
Il buon samaritano, cui il Papa dedica il secondo capitolo, “Un estraneo sulla strada”, è un modello sociale e civile e come tale “ci invita a far risorgere la nostra vocazione di cittadini del nostro Paese e del mondo intero e di costruttori di un nuovo legame sociale” (Ivi, n.66), esempio da imitare In una società malata, analfabeta ma che non può trascurare i fragili e i deboli (Cfr. Ivi, nn. 64-66). L’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada, secondo il Papa, definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi
Per raggiungere questo obiettivo il poverello d’Assisi non offriva teorie, tecniche particolari o strutture politiche ma “comunicava l’Amore di Dio” e auspicava una società in cui tutti si riconoscono fratelli, figli dello stesso Padre, consapevoli che in un mondo globalizzato ci si può salvare tutti insieme. Per un cammino autentico però è indispensabile la libertà religiosa per i credenti di tutte le religioni (Cfr, FT, nn. 277-284).
In questa “riflessione sulla fraternità universale il papa si è sentito motivato specialmente da san Francesco d’Assisi e anche da altri fratelli che non sono cattolici: Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandi” e infine dal beato Charles De Foucauld di profonda fede da “sentirsi fratello di tutti” fino a “identificarsi con gli ultimi” (Ivi, n. 286). L’enciclica si conclude con due preghiere. “Preghiera al Creatore” e “Preghiera cristiana ecumenica”.
A questo punto è facile accusare il Papa di essere di sinistra, ma sarebbe più logico invitare la sinistra a riflettere seriamente sull’insegnamento di Papa Bergoglio.

Conclusione
Mentre una schiera di “competenti” disquisisce sul Papa che “cambia la pastorale , ma non cambia la dottrina”, ritenendo che la “dottrina sia un prontuario di frasi fatte”, Francesco precisa che il problema non è di recuperare formule o inventare arzigogoli pseudo-teologici, ma di “sapere il luogo in cui la vita di fede è in sintonia con il Vangelo che è la chiave del cammino della Chiesa nella storia”. Occorre convincersi dell’attualità del Vangelo che non cambia , ma che siamo noi a comprenderlo sempre meglio e quindi a renderlo parte essenziale della nostra vita di credenti nel Cristo morto e risorto. (Cfr, A. MELLONI (Così Francesco libera la Chiesa cit.)
Francesco, bisogna riconoscerlo, è un segno di contraddizione in una Chiesa che attraversa una crisi tra le più profonde della sua storia. Egli “ha conferito al Vangelo il primato come parola viva che giudica ogni realtà ecclesiale, religiosa e mondana”. Per lui il Vangelo è vita non ideologia; è conversione e come tale vive di misericordia per i peccatori, di amore per i poveri (E. BIANCHI, Il Papa e il primato del Vangelo, in “La Repubblica”, 14 dicembre 2020). Questo è difficile da comprendere per i “devoti” e per coloro che riducono la fede e la salvezza solo nel discettare e nell’accettare un complesso di verità dottrinali e norme morali.

Pantaleo Dell’Anna