UNA CHIESA TESTIMONIANZA DEL VANGELO ED APERTA AL FUTURO

Dal numero di luglio – agosto 2017 dellA rivista “Anxa” si riporta l’articolo di Pantaleo Dell’Anna sulla Teologia di Papa Francesco
La teologia di Francesco parte dalla realtà per interpretarla alla luce del Vangelo

Sono trascorsi ormai quattro anni dalla elezione a Vescovo della Chiesa di Roma di Bergoglio. Si può perciò tentare un bilancio della sua azione riformatrice che ha interessato la dinamica interna della Chiesa e il suo rapporto col mondo.

E’ normale che il suo agire abbia determinato la reazione degli ambienti più conservatori, difensori ad oltranza della ortodossia della fede. Un esempio significativo è la lettera che quattro cardinali hanno indirizzato al Papa con i famosi dubia e che Il Cardinale Caffarra così commentava “ solo un cieco può negare che nella Chiesa esiste una grande confusione, incertezza, insicurezza causate da alcuni paragrafi di Amoris laetitia” (Intervista al cardinale Caffarra di MATTEO MATZUZZI, in “Il Foglio”,14 gennaio 2017). Francesco sembra non preoccuparsi delle reiterate richieste di chiarimenti in proposito perché quanto egli ha scritto nell’Amoris Laetitia non è una novità, ma è stato ampiamente discusso nei due Sinodi ed è oggetto della relazione finale. Perciò ha scelto il silenzio, convinto che il tempo farà la sua parte. Intanto questi atteggiamenti critici non gli impediscono di continuare nel suo processo di riforma. Infatti, dopo avere accennato in più occasioni che non intendeva rinnovare gli incarichi curiali allo scadere del quinquennio, recentemente non ha confermato nel suo ufficio il Cardinale Gerard Ludwig Muller, Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, ed ha nominato al suo posto Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, lasciando intendere che compito di detta Congregazione sarebbe quello di “promuovere la fede, dialogando con chi, dal mondo teologico, pone domande che scuotono lo status quo” (L. SANDRI, Terremotati i Vescovi del Sant’Ufficio, in “Trentino”, 3 luglio 2017).
In questi quattro anni di pontificato è apparso chiaro che la visione teologica-pastorale di Papa Bergoglio si ispira ovviamente alla teologia latino-americana. Ciò va tenuto presente per comprendere il suo linguaggio e per sfatare l’opinione che a Francesco manchi, a differenza dei suoi predecessori, un valido supporto teologico.
1) La religiosità popolare
Nel suo recente pellegrinaggio a Fatima Papa Francesco, in sintonia con le indicazioni del Concilio Vaticano II, ha affrontato il tema della religiosità popolare nella Chiesa, ossia, quel modo di vivere la fede propria del popolo, specialmente nei santuari mariani, legata alla dottrina ufficiale, ma vissuta con modalità che, spesso, sono sul confine tra coerente traduzione delle norme liturgiche e venature di devozioni quasi paganeggianti, come ad esempio, le processioni affollatissime, la fervida venerazione di immagini religiose, forme esagerate di culto dei Santi e tante altre manifestazioni.
La religiosità popolare non va osteggiata, ma va depurata da ogni aspetto miracolistico per essere concentrata sull’essenza del Vangelo. Ciò può avvenire solo in una Chiesa completamente rinnovata, costituita da uomini e donne che fanno del mistero di Cristo morto e risorto l’essenza della loro vita cristiana.
“ Cristianesimo popolare”, è una delle parole chiave di papa Francesco che al V Convegno ecclesiale di Firenze (9-13 novembre 2015), dopo avere sottolineato che “la Chiesa italiana ha grandi santi il cui esempio può aiutarla a vivere la fede con umiltà, disinteresse e letizia, da Francesco d’Assisi a Filippo Neri” ha aggiunto: “vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto”. Nell’azione pastorale, il contatto con il popolo di Dio non va smarrito. Francesco spiazza così teologi, parroci, giornalisti e intellettuali, di destra e di sinistra, che per decenni si sono occupati degli “adulti nella fede” e si sono impegnati a far rispettare le forme esteriori della liturgia e ad elaborare pseudo piani pastorali consistenti in una serie di incontri periodici per piccoli gruppi, trasformando la parrocchia da ospedale da campo in ufficio, con l’orario degli incontri programmati per le varie associazioni. La religiosità popolare, che Papa Francesco preferisce chiamare spiritualità popolare, è “una strada originale sulla quale lo Spirito Santo ha condotto e continua a condurre milioni di nostri fratelli; non si tratta soltanto di manifestazioni di religiosità popolare che dobbiamo tollerare, si tratta di una vera spiritualità popolare che deve essere rafforzata secondo le sue proprie vie”. Così si espresse il Cardinale Bergoglio nel presentare il 10 maggio 2012, il volume di Enrique Ciro Bianchi, Introduzione alla teologia del popolo. Profilo spirituale e teologico di Rafael Tello. La frase è stata riportata letteralmente nella Prefazione a firma di Papa Francesco nel volume poi pubblicato in italiano (Emi, Bologna, 2015, p.15). I pastori, sensibili ad ogni manifestazione religiosa dei fedeli, devono saper cogliere ciò che di positivo vi è in essa e valorizzare questo modo popolare di vivere la fede, nella convinzione che questa spiritualità è un ricco potenziale di santità.
2) La teologia tra contenuto e forma espressiva
La teologia non è pura speculazione e tanto meno una serie di affermazioni dogmatiche sulle verità di fede, immutabili anche nella loro espressione linguistica, che ignora completamente l’evolversi della storia, della cultura e del vivere sociale. Questo aspetto particolare della teologia Papa Francesco lo richiama continuamente nei suoi documenti e nei suoi discorsi, rifacendosi all’insegnamento di Giovanni XXIII che, aprendo il Concilio Vaticano II, precisò che “altro è il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate” (Gaudet Mater Ecclesia, § 6, n. 5). Perciò occorre sempre distinguere il messaggio dalla sua forma di trasmissione e dagli elementi culturali con i quali un tempo è stato codificato. Il contenuto della Rivelazione e della Tradizione deve essere esposto utilizzando espressioni e categorie culturali comprensibili dai contemporanei e corrispondenti, il più possibile, all’indole pastorale del documento in esame. Se la vita cristiana, quindi, è esperienza dell’incontro con Cristo morto e risorto, il teologo deve saper “distinguere il messaggio dalla sua forma di trasmissione. Infatti la teologia “risponde agli interrogativi di un determinato tempo e non lo fa mai negli stessi termini. Perciò essa, secondo papa Francesco, deve aiutare i credenti a comprendere e a vivere questo mistero salvifico e a renderlo parte essenziale della vita di ogni popolo. Il nesso tra esperienza quotidiana e Vangelo deve stare al centro della teologia.
Il nucleo della Rivelazione è il mistero di Amore di Dio Padre che si è rivelato nel suo Figlio Unigenito, Gesù Cristo, fattosi uomo per la salvezza dell’umanità. Partendo da questa premessa la teologia di Francesco ha come obiettivo principale “il recupero del nucleo essenziale dell’annuncio –il Vangelo originario- al cui centro vi è la persona di Gesù Cristo” (A. COZZI R. REPOLI G.PIANA, Papa Francesco. Quale teologia?, Cittadella Editrice, Assisi, p. 6). Alberto Cozzi, procedendo nell’analisi della teologia di Francesco, afferma con decisione che quella di Bergoglio “è una teologia robusta, fortemente ancorata alla Tradizione e legata al contesto latino-americano, più interessata all’azione pastorale che alla speculazione teorica” (Ibidem, p. 7). Francesco coniuga l’ideale con la realtà, il dato oggettivo con quello soggettivo, tenendosi lontano sia dal rigorismo morale che dal lassismo, ma puntando, con l’aiuto della infinita bontà di Dio misericordioso, al “bene possibile”. L’ideale evangelico declinato soggettivamente è la misura della perfezione cristiana. Per una interpretazione corretta dei testi di Papa Francesco occorre tener presente anche lo stile omiletico e il linguaggio simbolico che rende il suo argomentare diretto e accessibile anche ai non acculturati.
3) La teologia non incarnata nel popolo diventa ideologia
Nella Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, il documento programmatico di Papa Francesco, il sostantivo Popolo è il più utilizzato e ritorna 164 volte. Il Papa, durante il Convegno ecclesiale di Firenze (9-13 novembre 2015), raccomandò ai Vescovi italiani «di avviare, in modo sinodale, un approfondimento del documento per trarre da esso criteri pratici e per attuare le sue disposizioni». Non sembra però che l’invito sia stato accolto se il Papa insiste nel ricordarlo.
La Teologia del popolo è nata e si è sviluppata in Argentina, in particolare per merito del gesuita Juan Carlos Scannone e del padre Rafael Tello. L’allora Cardinale Bergoglio, presentando il 10 maggio 2012 all’Università cattolica dell’Argentina il volume sopra citato, disse di voler “rendere un atto di giustizia alla memoria di Padre Tello e motivò quell’intenzione dicendo che, come ogni profeta, egli è stato incompreso da molti del suo tempo, sospettato, calunniato, castigato, messo da parte, non è sfuggito al destino di croce con cui Dio segna i grandi uomini della Chiesa (R.C. BIANCHI, o c, ,p. 35). Poiché la cultura gioca un ruolo importante nella individuazione di un popolo, è necessario evangelizzare la cultura e inculturare il Vangelo. La religiosità popolare è il primo passo per approfondire il discorso culturale e arrivare per gradi alla religione rivelata. Ciò può avvenire se dottrina e pastorale sono legate come la preghiera e la vita. La connessione tra teologia e pastorale è il fondamento della missione petrina di Bergoglio.
L’argomento egli lo ha affrontato in modo organico nel video-messaggio inviato al Congresso Internazionale di Teologia di Buenos Aires (1-3 settembre 2015) per il centenario della Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica Argentina. Francesco, in quel messaggio, pone a base del suo argomentare una immagine di Benedetto XVI il quale, riferendosi alla Tradizione della Chiesa, affermava che essa non è “trasmissione di cose o di parole, una collezione di cose morte […]ma un fiume vivo che ci collega alle origini” (Udienza Generale, 26 aprile 2006).
Poiché “il Vangelo continua ad incarnarsi in tutti gli angoli del mondo e in modo sempre nuovo” (Video messaggio cit.) si deduce che, essendo le condizioni culturali e socio-economiche diverse da luogo a luogo, non si è cristiani allo stesso modo in ogni angolo della terra. Perciò uno dei compiti principali della teologia è aiutare a comprendere, ad analizzare , a riflettere su cosa significhi essere cristiani oggi, senza lasciarsi condizionare né dal passato né dalle novità del presente. Questo dualismo deve essere superato accettando senza riserve la ricchezza della Tradizione e, contemporaneamente, guardando in faccia la realtà così com’è e cercando di avviare tra di esse un dialogo proficuo.
Il solo tentare di “rompere il rapporto tra la Tradizione trasmessa e la realtà concreta mette in pericolo la fede del popolo di Dio […] e potrà facilmente –nota Papa Francesco- fare della nostra teologia un’ideologia” (Ibidem). In questo contesto teologia e pastorale devono camminare insieme. L’opposizione di una all’altra è un falso problema. Infatti “uno dei contributi principali del Concilio Vaticano II è stato quello di cercare di superare questo divorzio tra teologia e pastorale, tra fede e vita” (Ibidem). Tant’è vero, scrive il Papa, che i grandi Padri della Chiesa, “Ireneo, Agostino, Basilio, Ambrogio furono grandi teologi perché furono grandi pastori” (Ibidem).
Francesco, col suo stile diretto e semplice, sta realizzando nella Chiesa cattolica, a dire di Gian Enrico Rusconi, una nuova ermeneutica religiosa che comporta una rielaborazione della Tradizione e della teologia sistematica in una “narrativa religiosa” che racconta il primato della misericordia sul peccato in un processo storico-sociale continuo. Questo discorso, pur avendo i suoi limiti di natura teologica, offre serie riflessioni sul cammino di ritrasmissione, di narrazione e di rielaborazione della Tradizione cristiana che Rusconi sintetizza in questi termini: “La grande espressività del pontefice vive infatti di una originale teologia narrativa, che è a un tempo tradizionale e innovativa, legata al quotidiano e rivolta a tutti, credenti e non” (La teologia narrativa di Papa Francesco, Laterza, Roma, 2017, 4° di copertina).
4) L’esercizio del discernimento
Etimologicamente discernimento viene da dis = due volte e cernere = separare. Quindi separare due volte, ossia valutare qualcosa o qualcuno in modo da poter operare scelte corrette.
La parola discernimento, termine ricorrente nella tradizione cristiana e specialmente nella spiritualità dei gesuiti, occupa un posto determinante nell’impianto teologico di Papa Francesco. Egli non approva chi formula il giudizio morale osservando solo se “l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale”. Questo infatti, egli dice, “non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano” (Amoris laetitia, n. 304) perché la realtà è fatta di innumerevoli situazioni concrete, e quindi occorre predisporre “un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari”.Ciò comporta che “il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi” e di conseguenza “gli effetti di una norma non possono essere sempre gli stessi” (A L, n. 300)
“Il discernimento –scrive Giacomo Costa S J- è la capacità di esercitare la propria libertà nel prendere decisioni, in particolare quelle che riguardano l’identificazione dei mezzi per raggiungere il fine che ci si è proposti”(Il discernimento cura delle famiglie nella Amoris Laetitia, in “Aggiornamenti sociali”, n. 5, 2016, p. 361). Ciò presuppone una chiara visione del fine che, per il credente, è fare la volontà di Dio e nello stesso tempo la ricerca dei mezzi da usare per raggiungere il fine. In questo processo la coscienza illuminata e ben formata sa “cercare e trovare il migliore momento e mezzo concreto per realizzare il bene” (D. FARES S J, Aiuti per crescere nella capacità di discernere, in “La Civiltà Cattolica” , n. 4000, 11-25 febbraio, p. 377). Chi guida, precisa il Papa, non deve sostituirsi alla coscienza personale, ma piuttosto deve favorirne la maturazione (Cfr. A L, n.37). Il popolo di Dio mosso dalla fede, insegna la Gaudium et Spes, “cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni cui prende parte, […] quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio” (n. 11). Il discernimento obbliga a tenere conto di tutte queste circostanze di tempo e di luogo e a prestare attenzione alla realtà circostante per individuare le richieste e gli appelli dello Spirito. L’attenzione alla realtà è un invito che Francesco rivolge continuamente ai Pastori e ai fedeli ed è alla base della sua riflessione teologica. Inoltre il discernimento è un processo che “deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno” (A L, n. 303), perché esso “implica l’interrogarsi su ciò che è buono, il riferimento ai valori propri di una visione dell’uomo e del mondo, una visione della persona in tutte le sue dimensioni, soprattutto quella spirituale” (FRANCESCO, Discorso alla Facoltà teologica della Sardegna, 22 settembre 2013, § 3, a: L’Università come luogo del discernimento). In sintesi, obiettivo del discernimento è conoscere la volontà di Dio nelle particolari circostanze della propria vita in modo da accettarla e viverla nel modo migliore. Si tratta non di un problema particolare da risolvere, ma di un fatto che coinvolge il soggetto nel suo cammino verso. Dio. La realtà va letta con attenzione,”guardandola in faccia” e vivendola, “senza paure senza fughe e senza catastrofismi”, tenendo presente che “le letture ideologiche o parziali non servono, alimentano solamente l’illusione e la disillusione” (Ibidem). Papa Francesco, inserendo il discernimento nella “logica della misericordia di Dio”, ci aiuta a conoscere la volontà di Dio ispirandoci fiducia nella sua bontà perché, scrive San Paolo : “Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” (Fil, 1, 6).
Il Papa stesso, ad un gruppo di 28 gesuiti polacchi, in occasione del suo viaggio in Polonia per la 31° GMG il 30 luglio 2016, dopo aver sottolineato che ”la Chiesa ha bisogno di crescere nella capacità di discernere e soprattutto i sacerdoti hanno davvero bisogno di crescere nel discernimento per il loro ministero”, ha concluso esortando a lavorare per questo obiettivo.
5) Conclusione
La teologia nella vita della Chiesa ha una grande importanza di gran lunga superiore ai riti e ai costumi locali ed è indispensabile per la programmazione d un appropriato piano pastorale. Il suo centro, che costituisce l’origine e il principio fondante del cristianesimo, è Gesù di Nazareth che è venuto nel mondo per umanizzare questo mondo disumanizzato. Francesco porta con sé un’esperienza umana e religiosa propria dei paesi latino-americani che costituisce la base della sua formazione teologica la quale, unita al suo carisma personale, ha suscitato un forte consenso attorno al suo messaggio che punta a far uscire la Chiesa dal recinto in cui si era rinchiusa e a renderla effettivamente una comunità di popolo.