Dire che il 2020 è stato un anno difficile forse è un eufemismo. L’anno che abbiamo attraversato è stato però un anno che ha portato alla luce le tante contraddizioni della nostra società con l’aggiunta della pandemia che ci ha accomunati e ci ha fatto sentire tutti sulla stessa barca. Tanta società civile ha sentito il bisogno di riempire i vuoti lasciati dalle istituzioni. È nata una comunità che, forse anche per merito di queste fastidiose mascherine, ha imparato a confrontarsi con l’altro e a riflettere su come le nostre azioni possano incidere sulla vita altrui.
Nel nuovo anno che è iniziato è lecito sperare che ognuno di noi si senta sempre più responsabile della vita e dell’avvenire delle altre persone e specialmente dei giovani.
Di altro segno, purtroppo, sono i fatti che hanno recentemente investito il sistema pubblico americano, con l’elezione del nuovo Presidente Joe Biden. Il consenso che teneva unita la più grande democrazia del pianeta, colpita al cuore da un manipolo di rivoltosi sobillati da un Presidente ancora in carica per una manciata di giorni, è crollato rovinosamente con l’assalto al Congresso USA il 6 gennaio scorso. Questo gesto ha determinato il declino della coscienza civica americana e la degenerazione dei processi politici.
“L’impensabile è infine accaduto […] e il tempio laico della legalità costituzionale e della sovranità popolare è stato profanato da uomini in armi”, nota Massimo Giannini sulla “Stampa” (La democrazia colpita al cuore, 7 gennaio 2021). Tre giorni prima dell’accaduto, non era mancato l’incitamento del solito ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, Mons. Carlo Maria Viganò che, in una intervista a Steve Bannon, aveva esortato “i figli della luce ad agire adesso a favore di Trump contro Biden” perché “se gli Stati Uniti perdono questa occasione adesso saranno cancellati dalla storia”. Visto quanto è successo, si può ben dire, come nota Maria Antonietta Calabrò, che i complottisti hanno avuto una benedizione “cattolica” da parte del controverso arcivescovo il cui pupillo è, almeno dal 2018, Donald Trump e il cui nemico numero uno è Papa Francesco (in www.huffingtonpost. it del 7 gennaio 2011). Questo Vescovo che si accanisce contro Papa Francesco, manipolando la realtà, mi ricorda i capi religiosi ebrei che accusavano Gesù al Procuratore romano Ponzio Pilato di volersi fare re dicendo “Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare” (Gv, 19, 12). La casta religiosa ebrea, pur di riuscire nell’intento di eliminare Gesù, proclama solennemente di non avere “altro re all’infuori di Cesare” (Gv. 19, 15). Per loro Gesù è un impostore e Pilato invece il loro Signore al quale si sottomettono, pur di conservare intatti privilegi e interessi.
Dal racconto evangelico emerge una linea molto chiara. La Chiesa, quella che nasce dal Vangelo di Gesù, non deve mai allinearsi ai potenti ed essere loro complice, ma deve denunciare apertamente i loro misfatti e mai aderire ai loro compromessi. Solo così avrà la certezza di essere fedele a Dio che “rovescia i potenti dai troni” (Lc, 1, 52).
Nella crisi mondiale nasce la riforma della vera Chiesa
La parola crisi, che nel suo significato etimologico vuol dire “scelta” e che poi è passata a significare un cambiamento, una trasformazione rispetto allo status quo, è quella più significativa che sintetizza la situazione che il mondo oggi sta vivendo. Nel discorso alla Curia romana, in risposta agli auguri natalizi, Papa Francesco, nota Antonio Spadaro, direttore della rivista “La Civiltà Cattolica”, Egli ha ripetuto il termine crisi “ ben 46 volte”ed ha sottolineato che “questo Natale è il Natale della pandemia, della crisi sanitaria, della crisi economico-sociale e persino ecclesiale” che ha colpito ciecamente il mondo intero. La crisi ha smesso perciò di essere un luogo comune dei discorsi e dell’establishment intellettuale per diventare una realtà condivisa da tutti” (Ivi, n. 3). Con la sottolineatura del termine “crisi”, il Papa ha voluto mettere in evidenza, “il significato e l’importanza dell’essere in crisi” riconoscendo che essa “è un fenomeno che investe tutti e tutto” e coinvolge “le ideologie, la politica, l’economia, la tecnica, l’ecologia, la religione” e quindi è una “esperienza umana fondamentale ed una tappa obbligata della storia personale e sociale” (Ivi, n. 5).
Interessante è il racconto che fa di questo momento epocale per la Chiesa uno dei vaticanisti più autorevoli e stimati, Marco Politi, nel libro Francesco. La peste. La rinascita (Bari, Laterza, 2020). “La peste è tornata, egli scrive, è sorta in Cina tra novembre e dicembre del 2019 […] poi è esplosa diffondendosi dall’Oriente in Europa […] e semina paura, angoscia solitudine” (Ivi, pp.3-4). Cattolici e laici hanno capito subito da che parte sta Jorge Mario Bergoglio, e hanno colto il pungolo della sua ironia quando dice “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla” (Ivi, pp. 113-114). La riflessione che Politi fa nel suo libro è interessante innanzitutto perché tratteggia un bilancio lucido e controcorrente su una delle figure chiave del nostro presente, Papa Francesco, ma anche perché nei suoi scritti precedenti egli aveva considerato l’opposizione del mondo cattolico di destra a Bergoglio un serio ostacolo all’attuazione delle sue riforme. Ora invece, in questo libro, egli fa sua la tesi opposta sostenendo che “Francesco sa che la svolta necessaria per una società più inclusiva non si produrrà spontaneamente” (Ivi, p. 83) ed, incurante dei vari attacchi cui viene abitualmente sottoposto, esorta a non rimanere passivi, a prendersi cura del ferito come fa il samaritano della parabola e a impegnarsi “per rigenerare una società in cui l’uomo non sia l’lupo per l’altro” (Ivi p. 85).
Papa Francesco, secondo Politi “affronta il 2021 da una posizione rafforzata rispetto al passato, L’opposizione variegata, nata dopo i risultati del sinodo sull’Amazzonia, poteva far pensare che lo spirito riformatore di Bergoglio si fosse in un certo senso arenato. Il succedersi invece degli eventi nel corso del 2020 lo ha reso più forte ed ha segnato delle linee di discontinuità rispetto al passato alle quali nessun suo successore potrà opporsi. (Cfr, M. POLITI, in “www.ilfattoquotidiano.it, 4 gennaio 2021). Francesco non si preoccupa, nota Politi, di scrivere saggi di revisione teologica, gli basta sottolineare il “principio che ciascun essere umano si qualifica non per come fa all’amore ma per come si pone dinanzi all’insegnamento evangelico” (Ivi).
La pandemia ha messo in crisi anche la Chiesa riducendo la sua funzionalità. Non ci sono chiese affollate di fedeli, messe, processioni, funerali, amministrazione dei sacramenti. La religione sembra uscita dalla scena pubblica.
Dopo un primo momento di smarrimento, papa Francesco ha reagito riconquistando la scena con la liturgia del 27 marzo 2020, quando il vecchio Pontefice si è affacciato zoppicando sul sagrato vuoto della Basilica di San Pietro per pregare. Una cerimonia straordinaria per impatto visivo e psicologico. Il vuoto fantasmagorico di piazza San Pietro è stato trasformato in uno spazio planetario in cui il Papa ha riaffermato il valore della fede come portatrice di speranza ed alimento di solidarietà e ha trasmesso altresì la visione di un Dio che, vicino alle vittime e all’umanità schiacciata dal covid 19, sollecita la responsabilità di ciascuno nel ricostruire, dopo il disastro, una società che superi le disuguaglianze. Con questo rito eccezionale il Papa ha parlato con Dio che è padre di tutti, credenti e non credenti, in modo evangelico e del tutto laico. Non ha invocato la vecchia immagine della punizione divina ma, in presenza di un evento letale, ha scelto di non essere semplice spettatore, nella convinzione che non ci si può salvare da soli in un mondo globalizzato. Il rito di piazza San Pietro ha evidenziato presso l’opinione pubblica mondiale, ” la figura del Papa come personalità in grado di rispecchiare le angosce e il bisogno di solidarietà e speranza delle masse colpite dalla pandemia” (Ivi) e il suo appello alla ricostruzione lo ha “riproposto leader religioso-politico che interpreta le scelte che attendono l’umanità” (Ivi)
Papa Francesco leader religioso mondiale
L’evento della pandemia è destinato a rimanere impresso nella memoria di tutti unitamente al ruolo del papato che ha avuto un impatto cruciale sulla scena nazionale e mondiale. Francesco, con grande intuito e altrettanto senso di responsabilità, non ha voluto portare la Chiesa tra le file del radicalismo politico di estrema destra o dei settori ecclesiali fondamentalisti, fiancheggiatori della politica. Egli si è reso conto rapidamente che, nell’infuriare della pandemia, doveva intervenire per prospettare all’umanità intera, smarrita e oppressa dalla paura di fronte alla morte, una via di uscita. La sera dello scorso 27 marzo Papa Francesco è apparso una figura eccezionale che, nel paradigma mondiale, si è posto come un leader di cui oggi l’umanità non può farne a meno.
Egli ha richiamato il concetto della fratellanza umana, tema di fondo dell’Enciclica Fratelli Tutti pubblicata il giorno della memoria di San Francesco d’Assisi (4 0tt0bre 2021). Allargando lo sguardo al mondo intero, ha affermato che la fraternità è non solo profondamente evangelica, ma anche essenzialmente virtù umana, molto più realistica di tante ideologie. Però essa presuppone una rifondazione culturale, nota la giornalista Stefania Falasca, e prospetta un disegno da “applicare ai rapporti internazionali, per superare i mali e le ombre di un mondo volto ad implodere “ che ha come obiettivo “il bene realmente universale , al “quale la fede e la Chiesa non possono essere estranee” (Quel primo orizzonte Fratellanza: Giornata ONU e voce del Papa, in “Avvenire”, 15 febbraio 2021). Anche il Primate anglicano Justin Welby, intervistato da Silvia Guzzetto, sottolinea che “ nell’Enciclica Fratelli tutti Francesco mette in luce come alcuni temi importanti nella vita del pianeta siano collegati tra di loro e pertanto “non ci può essere vera fraternità senza giustizia” ((“Fragili, ma tutti fratelli”, Intervista a Justin Welby a cura di Silvia Guzzetti, in “Avvenire”, 11 febbraio 2021).
L’”Espresso” , settimanale di ispirazione laica, ha iniziato col numero del 7 febbraio 2021 “un ciclo di incontri con scrittori e autori, dedicati alla parola Fraternità”. Il primo è stato con lo scrittore spagnolo Javier Cercas che, in un bellissimo romanzo, I soldati di Salamina, (Guanda, Parma, 2002), parla di fratellanza “con tutta l’ambivalenza ma anche il fascino di questa parola” e aggiunge: “Che siamo tutti fratelli e sorelle non è una considerazione morale, è un dato di fatto incontrovertibile (Parola d’0rdine. Fraternità. Riscoperta da scrittori e filosofi. Al centro dell’ultima enciclica di papa Francesco, in “L’Espresso”, 7 febbraio 2021, p.70-75).
L’Enciclica Fratelli Tutti ci offre molti spunti di riflessione sulla convivenza tra i popoli e sul ruolo che possono e devono giocare le religioni. Le diverse religioni, scrive il Papa, riconoscendo il valore di ogni persona umana come creatura chiamata ad essere figlio o figlia di Dio, “offrono un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società (FT, n. 271). Il diritto umano fondamentale “nel cammino della fraternità e della pace: è la libertà religiosa per i credenti di tutte le religioni”. Perciò si può “trovare un buon accordo tra culture e religioni differenti proprio perché “le cose che si hanno in comune sono così tante e importanti che è possibile individuare una via di convivenza serena, ordinata e pacifica, nell’accoglienza delle differenze e nella gioia di essere fratelli perché figli di un unico Dio” (Ivi, n. 275). E’il valore della vita umana che indica quale tipo di società si vuole costruire nel XXI secolo, dopo la catastrofe della pandemia. Il Papa che parla di un Dio padre di tutti, schierandosi contro ogni forma di fondamentalismo e sovranismo religioso e politico, è un Papa che promuove la fratellanza tra uomini e donne sul pianeta. Ovviamente questa prospettiva, scrive il prof. Fulvio De Giorgi, polemizzando con Ernesto Galli Della Loggia che muove una critica complessiva al pontificato di Papa Bergoglio, si oppone al neoliberismo che esalta l’individuo e nega la solidarietà sociale e al populismo sovranista che esalta la comunità nazionale, ma nega la dignità della persona umana (Cfr, Francesco un baluardo contro i muri e mercati, in “Nuovo Quotidiano di Puglia”, 25 gennaio 2031).
Non meraviglia quindi la decisione di Papa Francesco di intraprendere dal 5 all’8 marzo prossimo una missione internazionale di primo piano: il viaggio in Iraq, un paese prevalentemente musulmano (95%) ove la presenza dei cristiani è minoritaria, anche se importante, e di visitare l’antichissima città di Ur, culla leggendaria di Abramo” ((In “www.Ilfattoquotidiano.it” del 4 gennaio 2021). L’Iraq è un Paese del Golfo Persico la cui popolazione, dopo anni di conflitti e violenze, è ridotta allo stremo. Il Papa incontrerà e porterà il suo conforto tanto alla minoranza cristiana, quanto a tutti gli iracheni e incontrerà anche i rappresentanti delle altre religioni. Il cardinale Leonardo Sandri , prefetto della Congregazione delle Chiesa orientali auspica che il viaggio del Papa sia un segno di speranza per un popolo che tanto ha sofferto e continua a soffrire.
Importante per questo viaggio papale è il documento “Sulla fratellanza umana. Per la pace mondiale e la convivenza comune”, sintesi di due millenarie tradizioni religiose, che apre nuovi orizzonti nei rapporti tra cristiani e musulmani, firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da papa Francesco e da Ahmad Al-Tayyeb, grande Iman di Al-Azhar. Il documento è la condanna ferma del fondamentalismo religioso, del terrorismo, di ogni violenza e persecuzione fatte in nome di Dio e propone una visione di ampio respiro sul ruolo positivo delle religioni nell’epoca attuale. La piccola enciclica di Abu Dhabi è un documento moderno che, unendo spirito religioso e concretezza geopolitica, condanna la cultura dello scarto che trasforma l’essere umano in un bene di consumo.
Uguale importanza, per la missione del Papa in Iraq, ha la dichiarazione comune in 30 punti tra Papa Francesco e Kirill Patriarca di Mosca e di tutta la Russia del 12 febbraio 2016 che è un primo passo per il ristabilimento dell’unità dei cristiani. L’incontro tra i due a Cuba è stato definito giustamente storico in quanto è il primo in assoluto, frutto di una preparazione lunga e paziente e segno di un desiderio di unità tra le due chiese e soprattutto segno di speranza per gli uomini di buona volontà.
Francesco, con questi suoi gesti, intende portare a compimento il cammino della fraternità universale della Chiesa cattolica seguendo le indicazioni dei documenti conciliari sull’ecumenismo, sulla libertà religiosa e il rapporto con le religioni.
Conclusione
Riuscirà Francesco a portare a compimento questo suo programma così impegnativo, proposto fin dall’inizio del suo pontificato? Dipenderà da quanto Vescovi, preti e laici, concordemente, sapranno e vorranno percorrere fino in fondo la strada tracciata dal Papa. Indicazioni importanti su questo itinerario dovrebbero venire dai diversi Sinodi nazionali che in alcune realtà si stanno già celebrando. L’episcopato italiano però non sembra avere sollecitudine a portare avanti il processo di rinnovamento pastorale richiesto dal Papa. Lo storico Alberto Melloni, in una analisi puntuale della situazione religiosa dell’Italia, scrive che l’episcopato italiano è largamente bergogliano per nomina ma ad esso “il Papa non ha dato troppi segni di fiducia”, forse perché la CEI non ha dato seguito al suo discorso di Firenze del 2015, quando invocò una via sinodale che nessuno imboccò (Cfr, La strategia di Francesco per riformare la curia, in “La Repubblica”, 31 dicembre 2020). Oggi, nella Chiesa italiana , i problemi non mancano, la voce di Francesco non smette di provocare , di scuotere abitudini consolidate , di rompere vetusti schemi pastorali e di cercare con creatività strade nuove più adatte ai tempi presenti.
Il Sinodo, più volte sollecitato e da ultimo esplicitamente richiesto alla Gerarchia italiana, la quale tarda a muoversi, incerta sul da farsi e timorosa di ciò che ne potrebbe venire, va esattamente nella direzione del necessario rinnovamento della Chiesa. Non ci si può ancora attardare o mostrare di avere paura ad intraprenderlo. E’ confidando nella presenza dello Spirito che va intrapreso con coraggio questo cammino, insieme al Popolo di Dio tutto, verso il rinnovamento decisivo che i tempi richiedono, per attuare un progetto compiuto di convivenza umana che postula una realizzazione non individuale di ciascuno di noi, ma insieme agli altri. Perciò il Papa ci indica la via della solidarietà e della trasformazione positiva e ci avverte che sull’umanità incombe un pericolo. Si è davanti ad un bivio: il sistema globale può migliorare o divenire ancora più spietato nei confronti di chi è vulnerabile.
Ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte.
Pantaleo Dell’Anna