Sono al ridicolo. Bari chiama, Mellone risponde!

Dopo aver raccolto firme contro lo scarico della “fogna di Porto Cesareo nel mare di Nardò” (così hanno urlato per anni Mellone e i suoi), dopo aver sparato per anni ad alzo zero contro chi non la pensava come loro e dopo aver evocato addirittura i carri armati contro lo scarico a mare,

ecco che questa amministrazione di quaquaraquà fa inversione di marcia, si prende i reflui fognari di Porto Cesareo e li scarica a Torre Inserraglio, scegliendo nientemeno di continuare a versare i reflui a ridosso della scogliera, pur di fingere opposizione alla condotta sottomarina e di aderire furbescamente e senza ritegno alla imminente manifestazione contro lo scarico a mare, alla quale parteciperà senza rischi anche il sindaco di Porto Cesareo. Sarebbe come dire “siamo d’accordo con lo scarico a mare, ma siamo contrari allo scarico a mare”. Roba da pazzi, da cicli di sedute psicoanalitiche (fra le tante convenzioni che state stipulando, fatene una con uno psichiatra, ché vi puo’ servire).
A ogni modo, considerate anche le ultime grottesche contorsioni del sindaco Mellone e dei suoi sostenitori, i quali – dopo averlo revocato – ora ammettono nella sostanza la validità del più recente Protocollo d’intesa, il tema della gestione e del recapito finale dei reflui fognari depurati richiede di fare chiarezza, anche per evitare che vengano prese per verità le fandonie raccontate dall’amministrazione.
Infatti, in presenza di una normativa europea e di una legislazione nazionale (indipendenti dalle preferenze ideali di ciascuno di noi), che dispongono il recapito finale dei reflui nei corpi idrici di superficie (laghi, fiumi, mare), il Protocollo d’intesa del 30 settembre 2015 rappresentava la migliore e più concreta salvaguardia possibile dell’ambiente marino e terrestre, la difesa della salute dei cittadini, la più efficace barriera al rischio, per nulla remoto, del commissariamento governativo dei lavori riguardanti il collettamento, la depurazione e il recapito finale dei reflui. D’altronde a quel Protocollo avevano lavorato con convinzione, impegno assiduo e competenza i precedenti amministratori (in primis, Risi, Natalizio, De Pace, i quali hanno poi concordemente difeso a lungo i contenuti avanzati di quell’accordo), coadiuvati da dirigenti comunali.
La grande novità, rispetto a quel Protocollo (naturalmente firmato da autorevole membro del Governo Regionale), fu rappresentata dalle dichiarazioni del Presidente Emiliano, contenute nella sua nota del 30 settembre 2015 e poi apertamente ribadite nella primavera del 2016, di contrarietà allo sfocio in mare dei reflui E’ bene ribadire che fu generale (cittadini, associazioni, partiti tutti, amministratori comunali) l’apprezzamento anche pubblico nei confronti di quella presa di posizione del Presidente Emiliano, tanto è vero che il Sindaco Risi sospese immediatamente l’efficacia della parte di Protocollo riguardante la condotta sottomarina, in attesa di atti concludenti da parte della Regione e degli altri soggetti interessati, che realizzassero altre modalità di utilizzo e recupero totale a fini produttivi e civili dei reflui, rendendo non più necessario, o quanto meno assolutamente residuale, lo scarico in mare.
Il guaio è che, a distanza di oltre un anno da quelle dichiarazioni di Emiliano, fatti concludenti non ne abbiamo visti, le leggi che regolano la materia non sono state modificate né si ha certezza di quando queste modifiche potranno avvenire. Non solo! Nel mese di maggio 2016, la Regione Puglia – nonostante le reiterate dichiarazioni negative del suo Presidente – ha deliberato proprio il finanziamento della condotta sottomarina.
In questo quadro di massima confusione, logica umana di amministratori seri avrebbe richiesto che quell’atto di sospensione emanato da Risi fosse stato confermato dai nuovi amministratori, in attesa di tempi e soluzioni migliori. Invece, la revoca del Protocollo d’intesa, presentata propagandisticamente come la diga contro la condotta sottomarina, è stata l’elemento che ha rotto ogni equilibrio costruito in anni di lavoro costante e puntiglioso e ha costituito la causa vera della lettera (leggetela!) indirizzata al Ministero dell’Ambiente, con cui pochi giorni fa la Regione Puglia ha chiesto sostanzialmente il commissariamento dei lavori (addio controlli e relative autorizzazioni da parte dell’ente locale) e ha addossato al Comune di Nardò la responsabilità dei ritardi nell’adeguamento alle prescrizioni europee. Responsabilità, i cui risvolti pecuniari rischiano purtroppo di provocare il dissesto (fallimento) del Comune di Nardò e di comportare malauguratamente conseguenze negative, sotto il profilo patrimoniale, anche nei confronti dei consiglieri che sono stati indotti a votare la revoca. Bravi! E’ proprio un bel lavoro.
E tanto per capirci, tutto ciò che ho riportato non è il frutto di miei convincimenti o di mie scelte di campo, né tantomeno di mie segrete speranze di sfacelo economico e ambientale. Non mi è mai appartenuta la logica del tanto peggio, tanto meglio, così evidentemente cara a coloro i quali gestiscono in maniera così puerile l’amministrazione della cosa pubblica.