Le ragioni del No

Supera il bicameralismo?
NO, lo rende più confuso e crea conflitti di competenza tra Stato e regioni, tra Camera e nuovo Senato
È una riforma innovativa?
NO, conserva e rafforza il potere centrale a danno delle autonomie, private di mezzi finanziari.
Diminuisce i costi della politica?

NO, i costi del Senato sono ridotti solo di un quinto e se il problema sono i costi perché non dimezzare i deputati della Camera?
È una riforma chiara e comprensibile?
NO, è scritta in modo da non essere compresa
È il frutto della volontà autonoma del parlamento?
NO, perché è stata scritta sotto dettatura del governo.

Dire NO non per negare le differenze, ma, in realtà, per affermare il diritto a dibattere sulla democrazia e sulla partecipazione popolare a scelte quali quella della riforma della Carta fondamentale dei diritti di cittadinanza e delle regole di convivenza civile di un Paese.
Questo il senso del dibattito promosso dal Comitato per il NO al Referendum costituzionale per il prossimo I dicembre, alla vigilia, o quasi, di scelte che, quali che siano, condizioneranno e non poco il futuro del nostro Paese in un’Europa e in un mondo che vivono grandi momenti di incertezza sociale, pollica, economica.
Al dibattito parteciperanno Michele Carducci, professore dell’Università del Salento; Ernesto Abaterusso, consigliere regionale; Antonio Giannuzzi e Giorgio Carcagni, rappresentanti di movimenti cittadini per il No. L’Introduzione è affidata ad Alessandra Boccardo di “Scelgo NO”; Lucio Tarricone concluderà i lavori dell’incontro che si svolgerà nel Chiostro dei Carmelitani.
A fronte dell’avanzare in tuto il mondo di populismi tendenzialmente autoritari è necessario, secondo gli organizzatori del dibattito, rafforzare quelle vitali istanze di democrazia di base che sono gli spazi parlamentari della rappresentanza popolare. Votare NO significa sconfiggere il tentativo di limitare le possibilità per i cittadini di incidere, anche direttamente, alla vita politica della Nazione come dimostra in maniera significativa il fatto che la “riforma” triplica da 50.000 a 150.000 le firme per i disegni di legge di iniziativa popolare.