La posizione dell’OMCeO di Lecce sui test sierologici

La diagnosi di infezione da SARS-CoV-2, responsabile della COVID-19, è basata sul rilevamento dell’acido nucleico virale nelle secrezioni respiratorie mediante il cosiddetto “tampone orofaringeo”, eseguito sulla base di protocolli specifici raccomandati dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC). La positività del test varia in relazione alla fase dell’infezione (il picco della carica virale mediamente si verifica dopo 5-6 giorni dall’insorgenza dei sintomi), al materiale biologico indagato (il liquido di lavaggio broncoalveolare è positivo nel 93% dei casi, il tampone nasale nel 63% e quello faringeo nel 32%), ai criteri di positività adottati ed all’accuratezza analitica del test molecolare utilizzato. Accanto al test molecolare su secrezioni orofaringee, che rimane al momento l’unico test diagnostico di infezione in atto, si sono diffusi i cosiddetti “test sierologici rapidi”. Questi ricercano su sangue intero, siero o plasma le differenti classi di anticorpi (IgA, IgG, IgM) rivolte verso antigeni specifici presenti sulla superficie del virus. Essi NON possono sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei secondo i protocolli indicati dall’OMS, perché NON sono indicativi di una infezione acuta in atto, e quindi della presenza del virus nel paziente e del rischio associato a una sua diffusione nella collettività. Quello che si può dire al riguardo, anche se è tutto ancora in via di validazione, è che i test sierologici possono fornire informazioni utili per interventi individuali e/o collettivi per la gestione della pandemia COVID-19 solo ai fini di: 1) valutare lo stato immunitario di operatori sanitari, seppur a/pauci-sintomatici, per individuare coloro che sono stati a contatto con il virus ed hanno sviluppato la risposta immunologica umorale e quindi da riammettere alle attività lavorative, e per individuare coloro che sono privi di anticorpi e quindi potenzialmente suscettibili al contagio (2) confermare la diagnosi nei casi con manifestazioni cliniche, quadri radiologici e area di diffusione fortemente suggestivi di infezione da SARS-CoV-2 ma con risultato della ricerca del virus nel tampone indeterminata o negativa (3) Effettuare una valutazione quantitativa delle Immunoglobuline nel plasma di soggetti convalescenti per selezionare eventuali donatori di plasma da trasfondere a pazienti con quadri clinici gravi e non responsivi ad altri trattamenti (“convalescent plasma therapy”) (4) Eseguire uno screening di un campione selezionato di popolazione finalizzato alla valutazione epidemiologica della effettiva diffusione del virus e dello stato immunitario della popolazione per prepararsi ad incerte sequele o effettuare il test per selezionare i soggetti da vaccinare quando il vaccino sarà disponibile (questa valutazione potrebbe essere utile sia nel momento di crescita esponenziale del contagio ma soprattutto alla fine della endemia). Al di fuori di queste possibili indicazioni, allo stato attuale della evoluzione tecnologica e delle loro prestazioni analitiche, l’utilizzazione di questi test non risulta appropriata. Il test sierologico da solo, inoltre, ha una insufficiente sensibilità, specialmente nelle fasi iniziali della infezione, per cui l’individuo potrebbe risultare negativo al test sierologico ma essere contagiato e continuare a diffondere il virus nella comunità. Infine non è ancora del tutto nota la cross-reattività degli anticorpi anti SARS-CoV-2 verso altri coronavirus responsabili di quadri sintomatologici simili a COVID-19 e che stanno circolando contemporaneamente
In definitiva, allo stato attuale ci sentiamo di affermare che:
1. l’unico test diagnostico di infezione in atto è rappresentato dal test molecolare su secrezioni orofaringee prelevate con il cosiddetto “tampone”
2. I test sierologici attualmente in uso non sono ancora validati da studi indipendenti su larga scala
3. Sono in corso di validazione test sierologici sulla base di precisi criteri stabiliti dal Consiglio Superiore della Sanità. Appena utilizzabili, essi saranno molto importanti ai fini della valutazione epidemiologica della circolazione virale e quale ausilio diagnostico nei casi con sintomatologia clinica tipica di infezione da SARS-CoV-2 e risultato dei tamponi indeterminato o negativo