A don Antonio

E così, don Antonio, con i tuoi 84 anni ti sei incamminato verso il cielo, la tua unica meta esistenziale, lasciandoci il tuo sorriso, la tua profonda spiritualità, la tua sincera condivisione umana, la tua pacifica discrezione.
Non sei stato il mio parroco, da quando nel 1963 il vescovo Antonio Rosario Mennonna, individuando i tuoi talenti, ti assegnò la parrocchia dei Paolotti, San Francesco di Paola, dopo la tua ordinazione, che era avvenuta nel 1957 con il vescovo Corrado Ursi,

e la tua efficace esperienza presso il Seminario vescovile, ma hai sempre riservato attenzione sia alla mia persona, sin da quando mi volesti nel 1972 nel tuo primo Consiglio Pastorale, sia alla mia famiglia.
Il filo di amicizia è continuato anche tramite il tuo affettuoso legame filiale con lo zio, rinnovandosi nella condivisione spirituale, allorché, dopo il tuo ritiro da parroco nel 2009, sei stato assegnato dal vescovo Domenico Caliandro alla mia parrocchia della Santa Famiglia.
Sono ripresi intensi i nostri rapporti, durante i quali, divenuto mio padre spirituale, mi hai fugato dubbi e placato intenti, intensificato la fede, arricchito di spiritualità e di umanità sia seduti sulla panchina davanti alla chiesa in lunghi dialoghi; sia in chiesa, dopo aver chiuso il tuo breviario, con poche e rasserenanti parole; sia in piedi mentre stringevi il tuo “Avvenire”, di cui spesso mi consegnavi particolari articoli, perché approfondissi questioni; sia, spesso nel tuo studio, nel segreto della confessione.
Anche quando mi salutavi, seduto sulla panchina a pregare, con affetto e con lo sguardo di chi è capace di effondere serenità, nel silenzio della parola ma nell’effusione del cuore, di cui mi abbeveravo, bloccando, a volte, il mio sempre da fare.
Un padre, un compagno in cammino, un sacerdote sapiente, profondo e misericordioso: stavi lì, in chiesa, riservato e discreto, sensibile e generoso, amabile e paterno con tanti nostri ragazzi parrocchiani, ai quali hai impartito il sacramento della confessione; disponibile nelle confessioni di passanti o di parrocchiani lungo buona parte di ogni mattina e di ogni pomeriggio.
E lo eri con tutti: non potevi, nella mia parrocchia, non essere amato e rispettato dalle coscienze nobili e dai cuori sensibili!
E ancor più lo eri stato nella tua parrocchia dei Paolotti, dove ogni persona e ogni famiglia era meta di visita, di incontro e di dialogo, mentre non immagini con quanta dolcezza ti ricordano i tuoi alunni, che ti hanno avuto alle scuole medie come professore!
Ti ho sempre seguito e sempre ho avvertito nella quotidianità della tua testimonianza e nelle significative tappe del tuo ministero il ruolo significativo che svolgevi anche nel più ampio orizzonte cittadino: eri il punto di riferimento in tanti iniziative spirituali e sociali, costantemente accompagnato dai compianti don Cosimo Carrozza e Antonio Boccarella («la triade»), come lo zio era solito chiamarvi nelle frequenti telefonate, e da tanti altri attivi collaboratori, come Cosimo Rizzo, il giovane Daniele Parisi e, in rappresentanza di tante zelanti donne, Anna Rita Pinna, Caterina Pagliula e Fernanda Presta.
Ho avuto anche l’opportunità di seguirti da studioso nel momento in cui la tua comunità mi onorò di coordinare uno studio sui Minimi e sulla chiesa dei Paolotti, in occasione del tuo commiato, avvenuto il 2009: la pubblicazione fu dedicata a te, «uomo semplice, amico sincero, sacerdote zelante, pastore autentico».
Per quanto a memoria riesca a ricordare – e chiedo scusa per dimenticanze-, lungo i tuoi 46 anni di parroco hai organizzato infinte occasioni di incontri spirituali; hai rinsaldato e fatto nascere preesistenti e nuove associazioni ecclesiali; hai promosso presso l’ex convento la straordinaria fiera/mostra «La Primavera Neritina» con tanti collaboratori: da Antonio Boccarella a Totò Vaglio, da Elio Sanasi ad Egidio Presicce, Aldino Giuri, Salvatore De Benedittis, Mario Rucco, Paolo Zacchino e tanti ancora; hai garantito il restauro della chiesa; hai restituito più fulgente l’immagine della Madonna di Costantinopoli; sei stato il custode della Madonna della Pace, dopo la grande e partecipata peregrinatio del 1980 in diocesi, a seguito della benedizione in piazza San Pietro a Roma da parte di papa Giovanni Paolo II; hai dato ampi locali all’oratorio; hai edificato coscienze cristiane di diverse generazioni.
Hai contrassegnato la tua vita di rispetto e di obbedienza verso i tuoi vescovi; di affetto e di comprensione verso i tuoi confratelli in sincera condivisione; di amore e di zelo pastorale verso i tuoi parrocchiani e quanti a te si rivolgevano; A don Antonio
E così, don Antonio, con i tuoi 84 anni ti sei incamminato verso il cielo, la tua unica meta esistenziale, lasciandoci il tuo sorriso, la tua profonda spiritualità, la tua sincera condivisione umana, la tua pacifica discrezione.
Non sei stato il mio parroco, da quando nel 1963 il vescovo Antonio Rosario Mennonna, individuando i tuoi talenti, ti assegnò la parrocchia dei Paolotti, San Francesco di Paola, dopo la tua ordinazione, che era avvenuta nel 1957 con il vescovo Corrado Ursi, e la tua efficace esperienza presso il Seminario vescovile, ma hai sempre riservato attenzione sia alla mia persona, sin da quando mi volesti nel 1972 nel tuo primo Consiglio Pastorale, sia alla mia famiglia.
Il filo di amicizia è continuato anche tramite il tuo affettuoso legame filiale con lo zio, rinnovandosi nella condivisione spirituale, allorché, dopo il tuo ritiro da parroco nel 2009, sei stato assegnato dal vescovo Domenico Caliandro alla mia parrocchia della Santa Famiglia.
Sono ripresi intensi i nostri rapporti, durante i quali, divenuto mio padre spirituale, mi hai fugato dubbi e placato intenti, intensificato la fede, arricchito di spiritualità e di umanità sia seduti sulla panchina davanti alla chiesa in lunghi dialoghi; sia in chiesa, dopo aver chiuso il tuo breviario, con poche e rasserenanti parole; sia in piedi mentre stringevi il tuo “Avvenire”, di cui spesso mi consegnavi particolari articoli, perché approfondissi questioni; sia, spesso nel tuo studio, nel segreto della confessione.
Anche quando mi salutavi, seduto sulla panchina a pregare, con affetto e con lo sguardo di chi è capace di effondere serenità, nel silenzio della parola ma nell’effusione del cuore, di cui mi abbeveravo, bloccando, a volte, il mio sempre da fare.
Un padre, un compagno in cammino, un sacerdote sapiente, profondo e misericordioso: stavi lì, in chiesa, riservato e discreto, sensibile e generoso, amabile e paterno con tanti nostri ragazzi parrocchiani, ai quali hai impartito il sacramento della confessione; disponibile nelle confessioni di passanti o di parrocchiani lungo buona parte di ogni mattina e di ogni pomeriggio.
E lo eri con tutti: non potevi, nella mia parrocchia, non essere amato e rispettato dalle coscienze nobili e dai cuori sensibili!
E ancor più lo eri stato nella tua parrocchia dei Paolotti, dove ogni persona e ogni famiglia era meta di visita, di incontro e di dialogo, mentre non immagini con quanta dolcezza ti ricordano i tuoi alunni, che ti hanno avuto alle scuole medie come professore!
Ti ho sempre seguito e sempre ho avvertito nella quotidianità della tua testimonianza e nelle significative tappe del tuo ministero il ruolo significativo che svolgevi anche nel più ampio orizzonte cittadino: eri il punto di riferimento in tanti iniziative spirituali e sociali, costantemente accompagnato dai compianti don Cosimo Carrozza e Antonio Boccarella («la triade»), come lo zio era solito chiamarvi nelle frequenti telefonate, e da tanti altri attivi collaboratori, come Cosimo Rizzo, il giovane Daniele Parisi e, in rappresentanza di tante zelanti donne, Anna Rita Pinna, Caterina Pagliula e Fernanda Presta.
Ho avuto anche l’opportunità di seguirti da studioso nel momento in cui la tua comunità mi onorò di coordinare uno studio sui Minimi e sulla chiesa dei Paolotti, in occasione del tuo commiato, avvenuto il 2009: la pubblicazione fu dedicata a te, «uomo semplice, amico sincero, sacerdote zelante, pastore autentico».
Per quanto a memoria riesca a ricordare – e chiedo scusa per dimenticanze-, lungo i tuoi 46 anni di parroco hai organizzato infinte occasioni di incontri spirituali; hai rinsaldato e fatto nascere preesistenti e nuove associazioni ecclesiali; hai promosso presso l’ex convento la straordinaria fiera/mostra «La Primavera Neritina» con tanti collaboratori: da Antonio Boccarella a Totò Vaglio, da Elio Sanasi ad Egidio Presicce, Aldino Giuri, Salvatore De Benedittis, Mario Rucco, Paolo Zacchino e tanti ancora; hai garantito il restauro della chiesa; hai restituito più fulgente l’immagine della Madonna di Costantinopoli; sei stato il custode della Madonna della Pace, dopo la grande e partecipata peregrinatio del 1980 in diocesi, a seguito della benedizione in piazza San Pietro a Roma da parte di papa Giovanni Paolo II; hai dato ampi locali all’oratorio; hai edificato coscienze cristiane di diverse generazioni.
Hai contrassegnato la tua vita di rispetto e di obbedienza verso i tuoi vescovi; di affetto e di comprensione verso i tuoi confratelli in sincera condivisione; di amore e di zelo pastorale verso i tuoi parrocchiani e quanti a te si rivolgevano; di attaccamento ai tuoi familiari, che in questi ultimi mesi, ad esempio di tua nipote Virginia, hanno intensificato la loro dedizione e la loro assistenza.
Hai fatto crescere sul piano religioso e culturale la città di Nardò, che ora lasci per la tua Aradeo: Nardò conserva inciso nel suo cuore un profondo solco di riconoscenza, di stima e di affetto.
Questo mio scritto non è finalizzato a nobilitare la tua memoria e a tracciare, nella dimensione umana, segmenti della tua testimonianza, ma una preghiera, unita a quella di tanti, pregna di profonda commozione in tuo suffragio al Signore: il coro degli Angeli, corona al «tuo giusto cammino», risuoni di gioia tra «pascoli erbosi ed acque tranquille» alla presenza del Cristo, che, misericordioso, possa accoglierti sull’altare dell’eternità a braccia aperte, prendendo su di sé la tua fragilità di uomo, i tuoi limiti di sacerdote, la tua semplicità di pastore, la tua umiltà di servo inutile, ma anche la tua consapevolezza di aver ricercato, saldo nella certezza della speranza, la gloria di Dio e il bene comune dei fratelli.