ULTIMATUM A CONTE – Lettera aperta a nome di piccole aziende e cittadini

Chiarissimo Prof. CONTE,
questa volta ci rivolgiamo a Lei in qualità di Professore di diritto e Avvocato, non già quale Capo
dell’esecutivo di un Grande Paese, quale è l’Italia, che si fregia di tale appellativo per il coraggio e la
fierezza del suo popolo, a prescindere dalle figure politiche che lo governano.
Nella nostra prima lettera avevamo attribuito alle misure “Cura Italia”, una connotazione
marcatamente mediatica, funzionale ad accrescere il consenso popolare verso la coalizione di
Governo. Tale condotta propagandistica, dal punto di vista formale, è assolutamente legittima ma,
sotto il profilo sostanziale, non rende onore a chi legifera d’urgenza in un momento di grave
sofferenza dell’intero settore economico italiano.
Questa volta, chiarissimo Professor Conte, le misure contenute nel decreto Liquidità ci lasciano a dir
poco basiti, tanto è che ci risulta difficile prendere distanze da una idea di fondo, secondo la quale oggi
ci si deve tutelare anche da riforme apparentemente filantropiche, ma che, nella realtà dei fatti,
celano insidie ben più pericolose di quelle che ci opprimono quotidianamente.
La nostra scarsa malizia ci ha portato inizialmente a interpretare, quello proveniente dalle tante Sue
apparizioni televisive, quale messaggio volto ad illustrare una poderosa iniezione di liquidità,
addirittura per 400 miliardi di Euro, tanto che da più parti ci si chiedeva da dove traesse origine tanta
opulenza, per cui, orgogliosi di poter finalmente beneficiare di scelte inusitate (la cosiddetta potenza
di fuoco come Lei la definisce), abbiamo inizialmente tessuto le lodi verso una squadra di Governo che
aveva mostrato notevole valore nello scardinare i diktat europei.
Immediatamente dopo però, ci siamo ricreduti.
Appena abbiamo iniziato ad approfondire il contenuto del DPCM 23/2020, ci siamo resi conto – così
come chiunque sia dotato dei più consoni strumenti di lettura si rende conto – che si tratti di una vera
e propria “pubblicità ingannevole” rivolta a milioni di ignare partite IVA.
Vero è Signor Presidente, e a tal riguardo le chiediamo un profondo esame di coscienza, che la tanto
sbandierata iniezione di liquidità in favore delle imprese altro non è che un credito di firma, ossia veri
e propri aiuti di Stato a beneficio del ceto bancario, idoneo solo a “strangolare” definitivamente il
piccolo imprenditore in difficoltà.
A ben vedere l’autocertificazione che ogni piccolo imprenditore è tenuto a sottoscrivere per ottenere
la tanto agognata garanzia del 100%, cela insidie non meno letali per le imprese di quante ne celi il MES
per il nostro Paese, Istituzione che al confronto appare di gran lunga meno temibile, non fosse altro
che il MES incontra la riluttanza (perlomeno dichiarata) di una parte qualificata dell’attuale Esecutivo,
mentre il Decreto Liquidità promana proprio da questo Governo.
Le insidie del Decreto Ministeriale n. 23/2020, per quel che riguarda gli aiuti alle imprese, risiedono,
non solo in una poco comprensibile lettura del dispositivo, ancora una volta fatto di innumerevoli
richiami e rinvii ad altra normativa, nazionale ed europea, ma nella opacità delle dichiarazioni che i
soggetti beneficiari dovranno obbligatoriamente sottoscrivere per ottenere la garanzia del Fondo,
anch’esse ricche di rinvii normativi, che mai un piccolo imprenditore che versi in stato di bisogno, avrà
capacità e voglia di leggere e comprendere senza necessariamente ricorrere all’aiuto a pagamento di
un consulente di fiducia.
Ad occhi più smaliziati, le misure di accesso al Fondo di garanzia appaiono come un vero raggiro ai
danni del cittadino, il quale si deve guardare le spalle da uno Stato che, al contrario, dovrebbe essere
al suo servizio, e non disattendere principi di affidamento e buona fede costituzionalmente garantiti.
Analizzando nel merito le misure introdotte da questo Governo con l’ultimo DPCM, un più attento
lettore non può non accorgersi che, ad esempio, il beneficiario di un finanziamento, tanto sbandierato
come “aiuto alle imprese”, dovrà dichiarare di accettare la surroga dello Stato nel recupero del
credito laddove, ad esempio, il finanziamento non fosse onorato in tutto o anche solo in parte.
Ciò significa che, nel caso in cui il beneficiario non fosse in condizioni di onorare il finanziamento
concesso, il relativo recupero non sarà effettuato direttamente dalle Banche con le normali procedure
di recupero credito (decreto ingiuntivo – precetto – etc.), piuttosto che con accordi transattivi, ma
transiterà dalle procedure di riscossione tanto care a questa Amministrazione Pubblica che, per vie
brevi, non esiterà a iscrivere a ruolo dette somme con conseguenti pignoramenti di conti correnti, di
crediti presso terzi, esecuzioni immobiliari, etc.
Scenario tutt’altro che remoto quello testé descritto, posto e considerato che detti finanziamenti
saranno richiesti solo per porre argine a pesanti debitorie commerciali e tributare pregresse, senza
che vi siano prospettive di breve periodo che facciano presagire una immediata ripresa economica.
Quindi, alla fine dei conti è evidente che la garanzia pubblica (apparentemente “a larga manica”)
pubblicizzata dal Governo come aiuto alle partite IVA, va a tramutarsi e disvelarsi, con il subentro del
Fondo di Garanzia per la parte di prestito non onorato, in un debito che annulla ogni margine di trattativa
del debitore verso l’ente erogatore, fino a privarlo di ogni fonte di sostentamento (leggasi
pignoramenti conti correnti bancari ed esecuzioni immobiliari).
Prof. CONTE, è bene che Lei acquisisca consapevolezza sul fatto che, a breve, molte imprese non
saranno nemmeno in grado di riaprire i battenti nella Fase 2.
Il Suo ultimo provvedimento concorre ad indebolire ulteriormente la posizione del beneficiario del
Vostro prestito garantito (aggravando il divario di posizioni tra le parti in causa) in quanto l’ulteriore
dichiarazione che il beneficiario dovrà sottoscrivere, lo impegna a consentire in ogni momento e
senza limitazione, controlli, accertamenti documentali ed ispezioni presso le proprie sedi da parte
del Gestore del Fondo che, con tutta probabilità, si avvarrà di funzionari dell’Agenzia delle Entrate, o
di militari della Guardia di Finanza, per cui, come sovente (anzi sempre) si verifica, ciò fungerà da
pretesto per sottoporre il “beneficiario” del prestito garantito ad una attività ben più invasiva (leggasi
verifica tributaria), con conseguente emissione di atti impositivi.
In un siffatto scenario, in cui l’imprenditore figura già in partenza come parte debole del rapporto
contrattuale, non è ancora chiaro come si orienterà il ceto bancario, ossia se esso – stando alle
esperienze vissute – sarà orientato o meno ad utilizzare il predetto credito di firma stabilito dal decreto
liquidità per tutelare i crediti già erogati in favore dei correntisti, acquisendo la garanzia reale dello
stato senza elargire nuova liquidità, e quindi sottraendo linfa vitale alle aziende di piccole dimensioni.
In tale passaggio le banche vedranno tramutare i loro crediti da chirografari in privilegiati, garantiti
da un fideiussore affidabile, quale è lo Stato italiano, almeno per ora.
Dunque, chiarissimo Prof. CONTE ci saremmo aspettati dall’Esecutivo da Lei presieduto degli
interventi concreti per la ricostruzione del Bel Paese – perché di ricostruzione si dovrà parlare quando
la pandemia sarà cessata – traendo ispirazione da illustri statisti del passato, i quali posero efficace
rimedio ai danni post bellici con interventi massivi per la rinascita economica di tutti i Paesi coinvolti
nel secondo conflitto mondiale. La vera cura dell’Italia, Illustre Presidente, non può che passare da
una massiccia immissione di liquidità in favore dei ceti produttivi, di vera liquidità e almeno in parte
a fondo perduto, priva di effetti collaterali, oppure alleggerendo la pressione fiscale.
L’alternativa è il rischio di default dell’economia nazionale, in quanto le previsioni fin troppo
ottimistiche su una immediata ripresa (e nemmeno per tutti i settori dell’economia nazionale), dopo
due mesi di lock down, potrebbero essere smentite dal fallimento in massa di molte aziende, con
aggravio insostenibile per i già vessati conti pubblici, per via del ricorso al Fondo di garanzia INPS e ad
altri ammortizzatori sociali. Altro rischio di default altamente ipotizzabile è costituito dalla possibile
aggressione alla nostra indebolita economia da parte di finanza internazionale che non aspetta altro.
Il nostro Paese è allo sbando più totale, Signor Presidente, è disorientato, perché la gente non ha
certezza nemmeno di poter sfamare da qui a domani i propri figli, atteso che molti dei settori
strategici per l’economia italiana, quali turismo, ristorazione, e piccola manifattura, gran parte a
conduzione familiare, sono oramai al collasso, per cui anche la tanto agognata riapertura delle attività
dovrà in ogni caso fare i conti con l’ingente perdita di fatturato patita durante il lock down, i cui effetti
insorgeranno già a breve e si protrarranno verosimilmente anche nel medio e lungo periodo.
La esortiamo pertanto, quale figura apicale dell’Esecutivo, affinché si faccia traghettatore di decisioni
ponderate e urgenti, e che per una volta, almeno una volta ma buona, il Palazzo si compenetri nelle
problematiche quotidiane della gente, perché l’esorbitante numero delle vittime del Covid 19
potrebbe essere ben poca cosa rispetto ai danni che provocheranno la disoccupazione e l’indigenza,
una volta terminata l’emergenza sanitaria.
Infine, Signor Presidente, voglia attivarsi con urgenza sia a favore delle imprese, come già detto, sia a
favore dei cittadini, perché la situazione inizia ad esser troppo tesa. Provi a sentire con attenzione le
informazioni dei Suoi Questori e Prefetti. Non commetta lo stesso errore in cui è già incappato
ritardando nel fronteggiare l’emergenza sanitaria.
Non dovrebbe esserci nessuno a ricordarLe che molti, troppi nostri concittadini stanno ancora
aspettando di ricevere il denaro che Lei ha promesso e intanto ricorrono a forme di solidarietà umana
il cui significato, forse, Lei nemmeno conosce. Si attivi quindi per snellire le pratiche di erogazione di
quella somma tanto attesa, seppur insufficiente.
Voglia quindi rendersi conto che è necessario attribuire denaro o beni ai cittadini, così come è
fondamentale eliminare dalle bollette per utenze i vari oneri e tasse assolutamente inopportuni in
questi frangenti, oppure dichiararne perlomeno la sospensione e contestuale possibilità di dilazione.
Voglia inoltre provvedere ad attribuire dei buoni-canone a favore delle famiglie che vivono in affitto,
da attribuire ai proprietari degli immobili in modo da consentire una più serena attesa della ripartenza
ed evitare soprattutto una proliferazione degli sfratti (aggravando peraltro il notevole ed esorbitante
carico di lavoro dei tribunali), e nel contempo, diminuire il prezzo dei carburanti, il tutto alla luce di un
nuovo auspicabile patto sociale tra i cittadini e lo Stato.
Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri….…. ci dica…. ma Lei e tutti quei circa 400 tecnici circa di
cui è circondato, Vi rendete conto che non è più possibile continuare a posticipare la risposta reale e
concreta a queste richieste?
Il Governo deve tra l’altro ormai individuare e dichiarare il termine per la ripresa della vita e delle
attività, evitando di creare false aspettative che deprimono il cittadino oppure lo esasperano.
Le dico tutto questo da cittadino spazientito, da avvocato adirato, e da presidente di un Movimento
Politico, deluso e contrariato dall’azione del Governo.
Bari, 23.4.2020
ITALIA LIBERALE CRISTIANA – il presidente Avv. Fabio Campese

Ufficio Stampa