Una “cassata” per la giustizia

Tutto da rifare per il processo SABR, il processo agli schiavisti: Produttori agricoli e Caporali senza scrupoli di braccianti agricoli extra comunitari delle campagne del salento: Nardò, Copertino, Leverano, Porto Cesareo.

La decisione dei Magistrati della Terza Sezione penale della Cassazione rinvia imputati e faldoni nuovamente alla Corte d’Appello di Lecce per un round decisivo, che il Coordinamento territoriale di Libera Lecce si augura nell’interesse di tutti, della verità in primis e tempestivo atteso l’incombere della prescrizione.

L’assoluzione decretata l’8 aprile del 2019 dalla Corte d’Appello di Lecce degli imputati condannati in 1° grado due anni prima e per la prima volta in Europa, a condanne esemplari, per il reato abietto di riduzione in schiavitù, ha consegnato alla storia in modo inequivocabile l’approccio irrazionale, illogico e spregiudicato di alcuni, molti, troppi esponenti della politica, dei media e dell’imprenditoria, che giudicando, per ignoranza mista a presunzione, chiusa, definitivamente, la partita giudiziaria, si lanciarono in un linciaggio delle parti offese quasi a voler rovesciare la situazione, come se fosse un gioco da tavola.

A dire il vero, a chi ha una normale capacità di lettura, la stessa sentenza del 2019, oggi riformata, non sembrava affatto tenera con gli imputati, poiché riconosceva la gravità delle condotte consumate a danno dei braccianti extra comunitari, per quanto non riferibili alla fattispecie della “riduzione in schiavitù”, ma alla fattispecie meno grave della intermediazione illegale di manodopera: il c.d. caporalato.

Quest’ultima fattispecie venne introdotta solo successivamente all’indagine che portò agli arresti e alla condanna in primo grado degli imputati del processo SABR, proprio grazie alle lotte dei braccianti agricoli; molti di noi ricordano lo sciopero guidato da Yvan Sagnet nel “ghetto di Boncuri” l’estate del 2011, che accelerò il dibattito parlamentare e l’introduzione della novella penale: l’art. 603 bis, poi ulteriormente novellata nel 2016.

Solo il principio della irretroattività della legge penale salvò quasi tutti gli imputati di SABR, inclusi i produttori agricoli, da una sicura condanna, ma la corte d’Assise d’Appello, comunque, stigmatizzò in modo chiaro, netto e nitido condotte di sfruttamento del lavoro bracciantile consumatesi ante novella penale.

Anche questa volta aspetteremo di leggere le motivazioni; gli Ermellini avranno, certamente, confutato le conclusioni rassegnate dai giudici della Corte d’Appello e, quindi, sarà possibile valutare profili interpretativi attuali della riduzione in schiavitù, a partire dalla valutazione sulla condizione di effettiva “vulnerabilità” e “soggezione” delle parti offese, che attesa la funzione nomofilattica della Suprema Corte produrrà effetti positivi per il futuro.

Sia chiaro, noi di Libera non esprimiamo la soddisfazione da tifosi di una parte rispetto all’altra, non siamo allo stadio e la vita umana non è mai un gioco.

Ci limitiamo a constatare che le “cassate” sono utili perché mirano a ristabilire la verità ed un ordine rispetto a principi e valori, a partire dalla dignità della persona e della qualità del lavoro nei campi, che estendono la riflessione a ciascuno di noi anche in qualità di consumatori, spesso involontari sponsor di logiche di mercato, spinte da forti guadagni di pochi.

Se i prezzi dei prodotti agricoli sono calmierati e se il prezzo è troppo basso c’è sempre qualcuno che paga per tutti.

Dopo la “cassata” di questi giorni, nei prossimi mesi, sul tavolo arriverà la sentenza definitiva, che metterà fine una volta per tutte ad una vicenda giudiziaria, quella umana, ahinoi, si è già consumata a danno di decine di essere umani violati nella loro dignità di persone e di lavoratori.

​​​​​Libera Coordinamento provinciale di Lecce